Il Csm non è un piccolo Parlamento: i consiglieri eletti non hanno e non devono avere un rapporto fiduciario con le correnti che li hanno sostenuti o con i gruppi parlamentari che li hanno proposti, non devono cercare un consenso per poter essere rieletti», ha esordito ieri mattina in Plenum il vice presidente di Palazzo dei Marescialli, David Ermini.

«Ciascuno di noi qui - ha aggiunto - è un uomo libero che deve svolgere, rispondendo solo alla sua coscienza, una funzione di rilievo costituzionale». La precisazione arriva all’indomani delle elezioni suppletive per i due posti della categoria dei requirenti fra i consiglieri togati, lasciati liberi dopo le dimissioni di Luigi Spina e Antonio Lepre. Le elezioni hanno visto l’affermazione, con 1469 preferenze, del procuratore aggiunto di Santa Maria Capua Vetere, Antonio D’Amato, e del pm antimafia Nino Di Matteo.

Il successo di D’Amato, candidato di Magistratura indipendente, ha sorpreso molti, magistrati e commentatori dei giornali, che prefiguravano una disfatta per la corrente moderata delle toghe travolta dal “Palamaragate”. Tre su cinque i consiglieri di Mi costretti alle dimissioni dopo la rivelazione, a maggio, dei loro incontri con esponenti politici.

«L’esito delle votazioni - aveva commentato a caldo Eugenio Albamonte, segretario di Area, il cartello progressista delle toghe - restituisce un’immagine della magistratura in cui una parte degli elettori continua a non volersi affrancare dalle vecchie logiche clientelari».

Nel complesso, comunque, «la magistratura aveva ricordato - manda un segnale di rigetto delle logiche del correntismo deteriore». Affermazioni, però, criticate da tanti. A partire da Riccardo De Vito, presidente di Magistratura democratica, il principale gruppo di Area, che ha parlato di «offesa al corpo elettorale». «C’è stata una degenerazione delle correnti, hanno creato rapporti di carrierismo e bisogna eliminare questi elementi», ha quindi sottolineato Ermini, secondo il quale il Csm finisce «sui giornali solo per le nomine che è una piccola parte del lavoro che il Consiglio fa».

Dunque, stop all’ostinazione da parte dei giornalisti «a leggere le vicende del Csm con la stessa lente con cui leggono le vicende della politica: maggioranza, minoranza, alleanze, svolta a destra, svolta a sinistra e via dicendo».

Tornado a D’Amato e Di Matteo, i due neo consiglieri sono stati eletti supplenti della sezione disciplinare. Probabile che entreranno nel collegio che dovrà giudicare i consiglieri dimissionari in caso quest’ultimi dovessero ricusare i loro ex colleghi.