La domanda che sorge spontanea è semplice: ma si fa così una riforma costituzionale che stravolge, con un metodo a spanne, giusto perché paiono più belli i tagli vigorosi a cifra tonda, ciò che c’è di più essenziale nell’espressione della sovranità popolare, e cioè il Parlamento?

La risposta, desolante, è altrettanto semplice: si fa così. Passo gagliardo avanti verso la democrazia diretta. In piena linea di continuità col lavoro solo per poco incompiuto dal governo gialloverde, la maggioranza giallorossa si appresta mercoledì prossimo a rendere irreversibile la mutilazione della rappresentanza parlamentare con un senso di inconsapevolezza collettiva che colpisce. E francamente inquieta per la ricorrenza di un lessico che sembra estratto dal vocabolario politico che nella parte più buia del secolo scorso colpiva l’immaginario popolare con riferimenti ad “aule buie e grigie”. Tagliamo le “poltrone”, si dice oggi. Le parole raccontano, in questo caso l’idea di una inutilità del Parlamento e dei suoi riti, dunque di chi occupa quelle poltrone, a quanto parrebbe abusivamente. Qual è la motivazione che viene data all’opera sartoriale che si compirà nella prossima settimana? Risparmiamo sui costi della politica. Portando a galla il non detto, la filosofia della riforma costituzionale sarebbe più o meno questa: data la comprovata inutilità dei parlamentari, almeno risparmiamo qualche indennità. C’è in questo, bisogna riconoscerlo, una certa ammirevole considerazione autocritica che ci piacerebbe apprezzare ma, ahimè, se il Parlamento diventa inutile non è per il numero degli scranni ma per l’inutilita’, sinceramente autoriconosciuta, di chi li occupa: concetto alquanto diverso. Senza contare che se davvero si desidera compiere questo gesto nobile di provvedere ad un ridimensionamento dei costi del parlamento si può sempre procedere alla riduzione delle indennità dei deputati e dei senatori. Ma, a parte i miserandi profili numismatici che non fanno fare mai bella figura a chi li agita, c’è un argomento che va chiarito e che riguarda la presunta indecente esorbitanza del numero dei parlamentari italiani che sarebbe assolutamente “fuori misura” nel mondo. Ora diamo un’occhiata a quella parte di mondo a noi più vicina, che sarebbe l’Europa, e guardiamo ai paesi che hanno più o meno il nostro stesso numero di abitanti, intorno ai sessanta milioni, la Francia e l’Inghilterra. In Francia abbiamo 925 parlamentari, in Inghilterra addirittura 1432 ( lì sono i Lords ad esagerare). In Italia sono 945: una manciata in più dei colleghi francesi e 487 meno dei britannici. Solo i tedeschi, demograficamente più larghi, si mantengono austeramente sotto gli ottocento ( 778). Allora? Siamo questa insopportabile anomalia? Ma c’è di più. La mano del Costituente, sempre illuminata e piena di coerenza, cuci’ un abito alla Costituzione equilibrato in cui ogni istituto si teneva con gli altri. Pensiamo al ruolo del Capo dello Stato, la cui figura di super partes si è rivelata essenziale e risolutiva anche nei frangenti politici più recenti. Il ruolo del presidente viene tutelato nella sua posizione di garante dell’equilibrio costituzionale proprio dalla composizione attuale del Parlamento e dalle maggioranze importanti che occorrono per eleggerlo, affinché non venga avvertito come “presidente di una parte politica “. Una riduzione capotica dei parlamentari di fatto potrebbe consegnare questa fondamentale figura costituzionale ad una sola parte politica, soprattutto se si dovesse mettere mano alle leggi elettorali in senso maggioritario. E la posizione delle minoranze? A quanto salirebbe, dopo la riduzione di mercoledì, lo sbarramento “di fatto” per avere una rappresentanza parlamentare? All’ 8, al 9% ? Col rischio di lasciare fuori dalle assemblee liste che raccolgono fra i tre e i quattro milioni di voti? La fine dei partiti e la virtualizzazione dei rapporti col corpo elettorale lasciano presumere ai capi politici che la gente amerebbe la riduzione dei rappresentanti del popolo per cui pochi si prenderanno a Montecitorio la responsabilità di votare contro questa bizzarria e dalla prossima settimana la procedura approvativa della legge costituzionale potrebbe essere compiuta. Dopo i prevedibili osanna che si verseranno sui social e nei talk show qualcuno dovrebbe ricordare che la buona regola vorrebbe che si andasse allo scioglimento delle Camere, ormai completamente delegittimate dall’avvento di una riforma epocale. Non domani, ma appena trascorso il tempo utile per indire il referendum, se la maggioranza non fosse dei due terzi, oppure anche domani se la maggioranza fosse invece così salda. Capiamoci: non c’è una legge che lo dica, ma la regola della politica: duecento deputati e centoquindici senatori diventerebbero un’escrescenza del vecchio sistema. Abusiva e invasiva. Politicamente scorretta.