Dopo tre giorni di proteste l'Iraq conta i morti sul terreno. Almeno 44 persone hanno perso la vita nella capitale Baghdad e nelle città meridionali di Amara, Diwaniya, Hilla e Nassiriya, a causa dell'intervento dell'esercito. Il governo ha istituito il coprifuoco e limitato l’accesso a internet per impedire che i manifestanti si organizzassero tramite social media.

Anche a sud nelle zone sciite divampa la rivolta mentre rimangono tranquilli i distretti curdi e quelli a maggioranza sunnita. Ciò a provocato la reazione della maggiore autorità sciita irachena, il Grande Ayatollah Ali al- Sistani, che ha appoggiato i manifestanti e accusato le autorità, sia per la loro politica che per la repressione messa in atto. Ieri notte è intervenuto in tv anche il primo ministro Adel Abdul Mahdi che ha dichiarato di comprendere «le richieste legittime» della protesta ma di non avere «una soluzione magica».

Il malcontento popolare è diretto principalmente nei confronti della corruzione della quale è accusato il governo ma soprattutto è provocata dalle condizioni economiche di gran parte della popolazione.

La frustrazione coinvolge particolarmente i giovani fra i quali in tasso di disoccupazione è elevatissimo ( 15% contro l' 8% della media nazionale). In realtà l'Iraq possiede la quarta più grande riserva di petrolio nel mondo ma il 20% delle persone vive con meno di 1.90 al giorno. Secondo la Banca Mondiale 1 famiglia su 6 ha problemi a sfamarsi. Al momento le manifestazioni sembrano prive di un'organizzazione o guidate da da qualche forza politica.

Una caratteristica che emerge anche dalle cronache della Bbc in cui le proteste «sono un movimento di base, composto da una varietà di persone, uomini, donne, laureati, disoccupati e anziani che stanno trasmettendo tutte le lamentele che si sono accumulate negli ultimi anni».