Da oggi, con l'ordinanza della cassazione num. 22991 del 16.9.19 se un conducente viene fermato dalla polizia per l’accertamento di un'infrazione stradale, può anche non fermarsi e chiedere di spedire l’eventuale multa a casa. Sembra strano ma è quanto stabilito di recente dalla Corte di Cassazione con un'ordinanza tanto innovativa quanto sorprendente dal punto di vista giuridico.

In particolare, i Giudici della Suprema Corte nel loro provvedimento legittimano il comportamento del conducente che, non avendo tempo a sufficienza per aspettare che venga compilato il verbale della polizia, se ne va senza addurre alcuna spiegazione e senza commettere, inspiegabilmente, alcun reato. In questi casi di “fuga”, la sanzione prevista dovrebbe limitarsi, secondo la Corte, ad un semplice illecito amministrativo: in pratica, si subisce una multa, peraltro anche abbastanza lieve ( da 84 a 335 euro). Una simile impostazione non può che essere censurata dal punto di vista giuridico, in quanto i Giudici della Corte Suprema in tal maniera potrebbero legittimare una condotta punita dal nostro ordinamento penale, quella di resistenza a pubblico ufficiale. Ed infatti, l’art. 337 del codice penale punisce proprio la condotta di colui che usa violenza o minaccia per opporsi a un pubblico ufficiale o ad un incaricato di un pubblico servizio, mentre compie un atto di ufficio o di servizio.

Peraltro, la Giurisprudenza ormai maggioritaria aveva nel tempo provveduto ad arricchire la lettera del codice, confermando a più riprese come anche in casi di mera fuga o allontanamento ( cd. resistenza passiva) si potesse – legittimamente – configurare il reato di resistenza a pubblico ufficiale, ex art. 337 c. p.. Seguendo l’impianto proposto dalla Corte, attualmente si commetterebbe, dunque, il reato di resistenza a pubblico ufficiale solo se, per evitare che la pattuglia ti raggiunga, venga posta in essere una manovra pericolosa.

Obiettivamente, una simile soluzione interpretativa apre la via a innumerevoli situazioni critiche, delegittimando oltretutto le Forze dell’ordine, che, nell’esercizio delle proprie funzioni, hanno il dovere oltreché il potere di accertare una situazione di pericolo, aldilà della semplice contestazione stradale. Si ponga il caso dello stop di un ricercato alla guida di un veicolo: lo stesso potrebbe legittimamente decidere, prima di ogni accertamento riguardo le proprie generalità, di andarsene senza aspettare alcun riscontro da parte del Pubblico Ufficiale, il quale non potrebbe sollevare alcuna eccezione.

Tornando ai risvolti penali, viene da domandarsi, poi, quale sia il limite del penalmente rilevante a seguito di questa discussa ordinanza: certamente il parametro della fuga con manovre pericolose non può essere utile in questo senso, in quanto ci sarebbero situazioni che andrebbero a finire in una zona grigia e non verrebbero punite.

In altre parole, in quale momento la fuga supererà il limite consentito, andando a configurare un illecito penale? Tutto questo non viene considerato nell’ordinanza. In conclusione, alla luce di quanto esposto, si ritiene di dover censurare una simile interpretazione, dannosa sia per le Forze dell’ordine, che così rimarrebbero con le mani legate, e sia per la società civile in generale, resa certamente meno sicura.

* Avvocato, direttore Ispeg ( Istituto studi politici e giuridici)