Un amministratore di sostegno, accertata la volontà della persona amministrata ( anche in via presuntiva, alla luce di dichiarazioni rese in passato) è pienamente abilitato a chiedere l’interruzione delle cure anche in assenza di testamento biologico. E l’intervento del Giudice tutelare sarà necessario solo se vi fosse opposizione da parte del medico a procedere.

È quanto stabilito dal Giudice tutelare del Tribunale di Roma, in merito a un caso che vede protagonisti il signor P., compagno e amministratore di sostegno di B., una signora di 62 anni in stato vegetativo irreversibile dal dicembre 2017, immobile in un letto da due anni. «Con questa importante pronuncia il Tribunale mette in primo piano la volontà della persona, evitando che, come nel caso Englaro, per anni si sia costretti a combattere nei Tribunali per vederla riconosciuta», commentano i legali dell’Associazione Luca Coscioni, riferendo del pronunciamento sul caso da loro seguito.

Nel merito: la paziente in passato ogni volta che veniva a conoscenza di casi di persone in stato vegetativo, dichiarava che se fosse accaduto a lei, mai avrebbe voluto proseguire i suoi giorni in quello stato. Convinzione che ha ripetuto tante volte a chi le era più vicino.

Al suo compagno P., con la mamma di B., alla figlia, alle sorelle, al fratello, all’ex marito. Ne erano a conoscenza tutti coloro che facevano parte della sua sfera affettiva più intima, ma anche gli amici conoscevano le sue volontà. Persone che possono ricostruire le volontà di B., che oggi non può più esprimerle. Consapevoli di tutto ciò l’Amministratore di sostegno, indicando tutte le persone che possono favorire una ricostruzione del volere di B., ha presentato un ricorso al giudice tutelare per chiedere che sia provata e certa la volontà di B., per poter procedere previo percorso di cure palliative e sedazione profonda al distacco dai trattamenti ai sensi della legge 219/ 17.