A meno di due settimane dalla sua avventura veneziana nel prestigioso cast di Il Sindaco del Rione Sanità di Mario Martone, in concorso alla Mostra del cinema di Venezia, Massimiliano Gallo si dimostra instancabile e pronto a presentare la nuova fiction di Rai1, Imma Tataranni - sostituto procuratore, in onda per sei serate da domenica 22 settembre, in cui affianca un’attrice- scoperta per la TV, la Imma del titolo, Vanessa Scalera.

Quale occasione migliore per parlare di una carriera, quella dell’attore napoletano, che è costellata di piccoli e grandi gioielli di teatro, cinema e TV.

Ci racconta il suo personaggio in questa nuova fiction?

Pietro De Ruggeri è il marito di Imma Tataranni, una donna che è una caterpillar. Lui è molto innamorato di lei e in maniera molto consapevole e serena si è assunto un ruolo di marito che non è propriamente quello tipico dell’uomo del sud, del maschio alfa. Condivide con lei tutto e fa da mammo come spesso si dice, visto che hanno una figlia di 17 anni con tutte le problematiche di un adolescente. Pietro cerca di portare avanti la casa semplicemente perché ha un lavoro meno impegnativo. Secondo me questa fiction porta un messaggio molto moderno in tal senso. Seppur nei toni della commedia, si da un’immagine diversa che va contro questo mondo maschilista dove ormai il femminicidio è ancora all’ordine del giorno. Per esempio c’è il personaggio di mia madre nella fiction, interpretata da Dora Romano, che non vede di buon occhio mia moglie anzi c’è un rapporto di odio assoluto tra le due.

Da artista, compagno di una donna carismatica e padre di una ragazza, come vede la situazione della donne in questo momento, in generale e nell’audiovisivo?

Il tema della rappresentanza delle donne nel nostro mondo è un dibattito aperto. Pensando alla proposta di stabilire quote rosa, anche quello può essere considerato come una forzatura. Nel mondo dello star system americano molte grandi star donne hanno dichiarato di guadagnare un budget molto più basso rispetto ai loro colleghi uomini e là c’è da capire la ragione. Sicuramente questo è ancora un mondo che sta in mano agli uomini altrimenti non si spiegherebbe. Una direttrice della fotografia con cui ho lavorato mi raccontava della differenza che c’è nei reparti tecnici in Italia tra donne e uomini e come sia ancora difficile per una donna “dare ordini” ai tecnici. Credo che sia un problema da risolvere a livello culturale infatti tornando alla fiction, è interessante osservare il personaggio di mia madre. Parlando di femminicidio per esempio, questi uomini vengono quasi sempre da genitori che li hanno cresciuti in un “certo” modo altrimenti è difficile che una persona nasca così.

Danza abilmente tra il cinema e la TV e un tempo quest’ultima era vista come minore rispetto al cinema. Come si è orientato nella scelta?

Ho fatto una scelta credendo che l’attore debba esserlo a tutto tondo e soprattutto debba essere un attore di teatro che poi fa televisione o cinema. Il problema è che prima si voleva mettere la televisione tra le cose “cattive” che si fanno quando non hai lavoro al cinema, come a dire che invece di stare a casa, vai a fare televisione. Oggi la TV ha lo stesso linguaggio del cinema ma chiaramente con delle modalità diverse, un modo di raccontarsi diversi. Un attore completo deve saper far tutto e la TV da anni fa progetti di grandissimo livello. Io fortunatamente con la Rai non so a che numero di fiction sono arrivato ma sempre ad un livello molto alto.

Da napoletano quindi dall’interno, come vede e interpreta il fermento creativo della sua città?

Inizialmente lo vedevo come un piccolo miracolo ma poi questo miracolo è stato quasi messo a regime perché si ripete nel tempo quindi immagino Napoli un po’ come il suo simbolo, il Vesuvio, con un magma che bolle in continuazione e che è capace di far nascere da una terra anche bruciata ( perché anche capace di dare dolore) dei fiori straordinari. Napoli secondo me è l’unica in Italia che ha reagito a questa crisi culturale e sociale attraverso l’arte quindi è una città capace di sfornare continuamente talenti nella musica, nel cinema e nella letteratura. Mi pare fosse Orson Welles che nel film Il Terzo uomo disse: “In Italia, sotto i Borgia, per trent’anni hanno avuto guerre, terrore, assassinii, massacri: e hanno prodotto Michelangelo, Leonardo da Vinci e il Rinascimento. In Svizzera, hanno avuto amore fraterno, cinquecento anni di pace e democrazia, e cos’hanno prodotto? Gli orologi a cucù”. Il senso è che da grandi contrasti nascono anche delle cose straordinarie.

A distanza di pochi giorni dall’esperienza veneziana con Il sindaco del Rione Sanità di Martone, cosa porta con sé? Recitare Eduardo De Filippo al cinema è come portare Shakespeare al cinema per gli inglesi?

Innanzitutto porto con me il premio Pasinetti consegnato a me, Mario Martone e Francesco Di Leva. Ci tengo tantissimo e lo ritengo prestigiosissimo perché dato proprio dai giornalisti cinematografici italiani. Mi porto a casa la gioia per aver fatto qualcosa di straordinario: abbiamo portato al cinema un testo teatrale di sessant’anni fa con un linguaggio nuovo così che i ragazzi che vanno a vedere il film sono veramente affascinati e presi dalla storia. Abbiamo fatto come si fa in Inghilterra dove si prendono i testi di Shakespeare e li si porta al cinema. Dovremmo abituarci a farlo più spesso anche qui in Italia.