L’Asia riconquista il suo posto nella storia dell’umanità. Temasek e GIC, ( sigla che sta per Government Investment Corporation), sono nomi che sentiremo spesso nel futuro. Sono emblemi del continente che cresce. Sono simboli di Singapore, la ricca città stato del sud est asiatico, e del nuovo capitalismo dell’Oriente. Temasek Holdings e GIC sono i due “fondi sovrani”. Gestiscono miliardi di asset in dollari. I fondi sovrani sono l’avanguardia ormai consolidata di una nuova realtà dell’alta finanza. Sono istituzioni create direttamente dai governi normalmente utilizzando le riserve monetarie delle rispettive banche centrali o i proventi in ‘ eccesso’ dell’esportazioni di materie prime. Sono strumenti sempre più influenti nel panorama dell’economia globale in trasformazione.

Temasek Holdings e GIC non casualmente sono nate a Singapore, il fondo Temasek addirittura nel lontano 1974. Per capirlo un pochino meglio, andiamo a Singapore. La città stato all’estremità meridionale della penisola malese controlla direttamente gli stretti della Malacca, ovvero la via giugulare del commercio marittimo mondiale. Nel budello di mare davanti a Singapore passano ogni giorno centinaia di super- petroliere e superporta- container che trasportano quotidianamente le materie prime necessarie alle economie manifatturiere dell’Asia orientale e nel senso inverso, i prodotti lavorati dagli operai asiatici verso i mercati occidentali. Singapore presidia di fatto al “corretto funzionamento” dell’arteria commerciale più importante del mondo, l’unico posto dove quelle super- navi possono passare fra Oceano Indiano e Pacifico.

Singapore da sempre è un centro di commerci e di attività mercantili. O meglio, lo è da quando Sir Stanford Raffles ha negoziato nel 1819 con il sultano di Johor per acquisirlo alla Corona britannica, riuscendo a istituire la colonia inglese di Singapore. Da allora l’isola è diventata uno dei principali stabilimenti degli Stretti, ovvero gli avamposti imperiali da cui la Gran Bretagna controllava fin da allora i traffici economici dell’Oriente, la via delle spezie e quella dell’oppio: Singapore, Penang, Malaka sono i centri di questa rete di avamposti.

Ancora oggi l’Hotel Raffles accoglie i suoi visitatori con la sua unica architettura coloniale inglese a memoria del passato della città stato. Singapore è una città stato figlia dell’Impero britannico, della cultura locale e dell’etnia cinese. Oltre ad essere centro di traffici e di commerci, infatti, Singapore ha il 74 per cento circa della popolazione di etnia cinese. Singapore è la terza entità politica esistente che fa parte del mondo cinese, dopo ovviamente la Repubblica Popolare e Taiwan. Oggi è anche una importantissima piazza finanziaria, forse la terza al mondo dopo Londra e New York. E i suoi fondi sovrani sono attori molto interessanti di quella piazza. Insomma Singapore è un crocevia fondamentale per capire il mondo di oggi e le sue possibili vie di evoluzione.

Una leggenda politica in voga in Asia racconta che i leader cinesi, prima di assumere incarichi di rilievo nella Repubblica Popolare, compiano un viaggio di “istruzione” a Singapore. La città stato è formalmente autonoma sia dall’Impero britannico sia dalla Federazione malaysiana dal 1965. Assieme agli altri stati della Malaysia divenne indipendente dalla Gran Bretagna nel 1959, ma sei anni dopo a causa dei fortissimi conflitti fra i cinesi di Singapore e i malay della Malaysia, si separò dalla vicina Federazione assumendo l’attuale assetto politico e statale.

Da allora essa è governata dal Partito di azione popolare, una forza politica nata a sinistra e che poi ha elaborato un suo particolare approccio economico e sociale, un approccio “sviluppista”. I fondi sovrani, la bassa tassazione per le attività economiche, una rilevantissima politica della casa per tutti e una particolarissima politica previdenziale, hanno fatto della città stato di Singapore un modello economico per tutta l’Asia. La leggenda prosegue affermando che la leadership cinese spesso guarda alla esperienza della città stato per prefigurare il futuro anche politico della stessa Repubblica Popolare. Il leader fondatore di Singapore indipendente, Lee Kuan Yew, sembra che amasse ricordare ai suoi interlocutori che una cosa è governare una realtà piccola come Singapore, con poco più di cinque milioni di abitati, ben altra cosa è governare un continente come la Cina: a Singapore è possibile un “governo paternalista”, in Cina le cose sono un pochino più complesse.

Nonostante le particolarità che fanno della città stato un caso unico, Singapore continua ad essere un laboratorio politico interessantissimo per tutto l’Oriente. Il suo sistema politico è molto peculiare: è figlio in tutto della tradizione britannica di Westminister e del sistema parlamentare. Ma è stato, per così dire, adattato alla realtà culturale dell’isola. Il risultato è stato un regime politico a partito dominante, anzi decisamente ultra- dominante, che dirige tutta l’attività dello stato e che pervade l’intera società locale, favorito anche dalle relazioni sociali che la caratterizzano. Molti studiosi classificano quindi Singapore fra i modelli a democrazia autoritaria, con elezioni periodiche e regolari, e un ordinamento giuridico caratterizzato dalla common law inglese, ma il tutto inserito in un assetto di completo controllo da parte del partito dominante.

Si potrebbe dire che i fondi sovrani sono molto in sintonia con questo ordinamento della città stato. E difatti, come abbiamo accennato, il primo di essi, Temasek Holdings, è nato nel 1974, ha un portafoglio di circa 300 miliardi di dollari. Il 68 per cento è investito in Asia. I settori preferiti sono servizi finanziari, telecomunicazioni, media e tecnologia, trasporti e industria, scienze della vita e agroalimentare, beni di consumo e immobili, energia e risorse. E’ un amplissimo spettro di attività dunque, guidato da tre- quattro linee guida: favorire le economie in trasformazione, far incrementare la popolazione di classe media, aumentare i vantaggi comparativi di Singapore e favorire i campioni economici. In realtà Temasek costituisce un fondo sovrano particolare poichè tende ad investire molto in azioni ed è proprietario diretto di molte imprese.

I suoi titoli sono molto ben quotati a livello mondiale: hanno il rating di tripla A, insomma come i Bund tedeschi, tanto per dire. La sua governance è giudicata molto efficiente e trasparente. Ovviamente è di proprietà del governo di Singapore, a riprova che ci sono anche molte attività di proprietà statale nel mondo gestite molto bene secondo tutti gli standard conosciuti ed accettati.

Ma come dicevamo, Temasek ha oggi un fratello, GIC, ovvero Government Investiment Corporation. GIC è nato nel 1981, anche in questo caso su impulso del governo locale: ha un portafoglio di quasi 360 miliardi di dollari. Gestisce una parte delle riserve monetarie dello stato e ha l’obbiettivo di preservarne il valore nel tempo con investimenti adatti. E’ quindi un vero e proprio fondo finanziario di carattere sovrano. Il 34 per cento del portafoglio è investito negli Stati Uniti, il 12 per cento nell’eurozona, il 6 per cento in Gran Bretagna e circa il 21 in Asia, con il Giappone in testa. Ha interessi in banche, ad esempio ha avuto per un certo periodo in pancia il 9 per cento di Citi-Group, una delle più grosse e potenti banche americane; o in consorzi internazionali come Transport et Infrastructures Gaz France, dove è presente anche l’italiana SNAM. Insomma opera in tutti i continenti: i suoi profitti possono essere reinvestiti in attività molto importanti per lo sviluppo economico di Singapore come educazione e ricerca & sviluppo.

Proprio queste caratteristiche delle politiche manageriali dei fondi sovrani e la loro ottima governance spiegano almeno in parte lo straordinario successo economico della città stato. Oggi Singapore è una economia altamente sviluppata di libero mercato, nonostante l’influenza di queste istituzioni economiche pubbliche. E’ una delle primissime economie al mondo per reddito pro- capite e per lotta alla corruzione. Ha un reddito pro- capite di oltre 65mila dollari all’anno e un Pil nominale di oltre 370 miliardi di dollari. Ma non è solo economia: Singapore presenta un Indice di sviluppo umano da segnalare, con oltre 0.93.

Prodotti chimici, dispositivi elettronici, servizi in particolare quelli finanziari sono le principali esportazioni. Ma forse quello che caratterizza meglio le scelte di Singapore sono gli ambiti dove l’isola ha risorse molte scarse, terra ed acqua. I terreni arabili sono scarsissimi e proprio per questo motivo, Singapore ha un quotatissimo parco agro- tecnologico. Per la città stato, il vero vantaggio comparato a livello globale è costituito dal capitale umano. Non è quindi un caso che Biopolis sia un centro per le biotecnologie di importanza mondiale. Ma quello che conta di più è l’alta formazione universitaria.

Ma per capire davvero l’investimento in capitale umano è intrigante andare nel sud- ovest della città. Nella zona di Pasir Panjiang, vicino a Kent Ridge. Lì, fra le zone verdi tipiche dei campus anglosassoni e un ristorante con le cucine di tutte le culture del mondo ( esiste pure un reparto di cucina mediterranea, ovvero italiana), c’è l’università di Singapore, la NUS, National University of Singapore. La NUS è ritenuto uno dei migliori atenei di tutta l’Asia, ha rapporti con Yale, hanno fondato assieme il NUS- Yale College, e ha tra i più avanzati think tank del mondo.

Temasek Holdings e Government Investment Corporation sono interessati all’Italia? I fondi sovrani di tutto il mondo sono un po’ prudenti nell’investire nel nostro paese. Preferiscono di gran lunga Gran Bretagna e Francia. Tra il 2010 e il 2018, secondo uno studio dell’Università Bocconi, sono arrivati in Italia, 12 miliardi di investimenti contro i 34 della Francia e i 118 della Gran Bretagna pre- Brexit, ma Londra ovviamente non fa testo. I fondi si Singapore si collocano in questo quadro di prudenza finanziaria. Sembrano essersi divisi i settori di investimento.

Government Investment Corporation preferisce scelte di infrastrutture e di servizi. Ha una quota dell’ 8,14 per cento in Atlantia, il gruppo che controlla Autostrade per l’Italia ( il fondo di Singapore condivide questo interesse per Atlantia con Blackrock e con la HSBC Holding) e una quota del 50 per cento nel Roma Est Shopping Center. Temasek Holdiings invece sembra orientato verso un settore classico del capitalismo italiano, quello dell’abbigliamento: ha una quota di Moncler e un’altra quota di Stone Island Retail. Forse se l’Italia avesse un sistema giuridico più efficiente che desse la necessaria sicurezza ad in vestimenti di lungo periodo e di carattere produttivo, potrebbe ambire a diventare più attrattiva per i fondi sovrani di Singapore e non solo.