Il superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari e il passaggio alle nuove strutture regionali per l’esecuzione delle misure di sicurezza detentive ( rems), pur segnando un significativo passo in avanti nel faticoso processo di abbandono dell’intollerabile logica manicomiale, evidenzia ancora alcuni profili di criticità come il fatto che nelle rems si sia ancora ben lontani da una vita comunitaria, ma più vicini a logiche di istituzionalizzazione ancora fortemente limitative. Un esempio è la rems della regione Basilicata, ricavata dalla riconversione dell’istituto penitenziario di Tinchi e quindi risente delle connotazioni dell’edificio penitenziario che, almeno in parte, risultano dissonanti rispetto alla configurazione «a vocazione esclusivamente terapeutica» di cui si è dotata.

Parliamo del rapporto reso pubblico da garante nazionale delle persone private della libertà, redatto in seguito delle visite effettuate dalla delegazione presieduta da Emilia Rossi. La rems, aperta il 30 marzo 2015, è destinata all’accoglienza di uomini e donne residenti nelle regioni Basilicata e Calabria. Ha una capienza di 20 posti e alla data della visita ospitava 10 pazienti psichiatrici di cui 8 uomini e 2 donne, in maggioranza inviati in esecuzione di una misura di sicurezza provvisoria. All’ingresso è situata la sala colloqui per le visite con i familiari che costituisce un altro elemento di richiamo all’originaria natura della struttura. Ancorché luminosa e adeguatamente spaziosa, si presenta spoglia e formale, con le caratteristiche dell’ambiente destinato ai colloqui istituzionali: una scrivania, alcune sedie e un armadietto basso blindato per il deposito degli effetti personali dei visitatori e per riporre l’arma della vigilanza privata. La finestra, ampia, è dotata di grate, pur non schermata. È fornita di un bagno separato.

La struttura è dotata di nove stanze: otto stanze singole e una stanza doppia destinata alle persone con disabilità. Le stanze di pernottamento visitate sono state quelle dell’unità per gli uomini: sono dotate di bagno separato, completo di doccia 32, senza bidet. Le stanze sono ampie e ben illuminate sia con luce naturale che artificiale. Sono provviste di televisore realizzato con un proiettore che agisce su uno schermo affisso alla parete, azionabile con un telecomando. Gli arredi, letto, tavolo, comodino, armadio, sono tutti fissati al pavimento. All’interno della camera, vicino al letto, vi è il pulsante di allarme. Alcune stanze hanno elementi personalizzanti.

Ma quali sono le criticità, oltre alle connotazioni dell’edificio che sono dissonanti rispetto alla funzione della rems? La prima riguarda due livelli di inappropriatezza del modello osservato anche durante le visite condotte a diverse strutture Rems, ovvero: il suo potenziale impedimento alla costruzione di una relazione dottore/ paziente che si basi sulla riservatezza e la fiducia e il suo privare il paziente di una salvaguardia fondamentale quale quella del coinvolgimento di un esperto indipendente. Tale aspetto è ancor più importante se si pensa al potere discrezionale del magistrato di sorveglianza nel determinare la pericolosità dell’internato. Il Garante nazionale, a tal proposito raccomanda «che le decisioni che riguardano l’assegnazione di un soggetto destinatario di una misura di sicurezza e il riesame della pericolosità sociale siano assunte sulla base di valutazioni che coinvolgano esperti psichiatri indipendenti che non siano coinvolti nel trattamento terapeutico del paziente». In merito a questo aspetto di indipendenza degli esperti circa la valutazione della pericolosità sociale del paziente psichiatrico, il Garante nazionale vorrebbe ricevere dalla Direzione della Rems di Tinchi ulteriori informazioni.

L’altra criticità è la mancanza del registro degli eventi critici e il registro degli interventi di natura contenitiva, anche se farmacologica, dove dovranno essere riportati l’orario di inizio e fine della misura adottata e/ o dell’evento, le circostanze che hanno determinato l’applicazione di una misura o l’accadere dell’evento, il nome del dottore che ha ordinato o approvato la misura, e un resoconto di eventuali conseguenze riportate dal paziente o dagli operatori, analogamente a quanto è raccomandato a tutte le strutture sanitarie psichiatriche. Ma l’aspetto più problematico riguarda il mancato superamento della filosofia “custodiale” che evoca la logica manicomiale che deve, per legge, essere superata. Nel momento della visita, la delegazione del Garante ha potuto osservare che non viene garantita la riservatezza del paziente e tutto si basa su una prassi di stretta vigilanza che può produrre la diffusione di una “logica della paura” rispetto al paziente psichiatrico e del paziente nei confronti degli operatori. Così come - è stato osservato - che gli operatori devono avere una buona preparazione per rapportarsi con i pazienti. Il Garante nazionale rammenta che il “superamento degli Opg” non può avvenire se non si investe nella formazione e nell’aggiornamento continui del personale sanitario che opera nella Rems.