Una cella minuscola, di dimensioni di circa 1,70 metro per 2,5, senza finestre e sprovvista di ogni elemento di arredamento, compreso il materasso che veniva utilizzato per l’allocazione di una persona in caso di situazione di crisi acuta. In sostanza una cella di isolamento ricavata al fondo della zona di transito del reparto detentivo, limitato e chiuso da un cancello, privo di finestre per il passaggio dell’aria e della luce naturale e privo di impianto di riscaldamento.

Parliamo del carcere di Potenza, in Basilicata, visitato a novembre scorso dalla delegazione del Garante nazionale delle persone private della libertà presieduta da Emilia Rossi. Nel rapporto appena reso pubblico, il Garante osserva che tale cella di sicurezza non può essere adibita «a ospitare le persone nemmeno per tempi molto contenuti, rischiando, altrimenti, di contravvenire agli obblighi di cui all’inderogabile articolo 3 della Convenzione europea per la tutela dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali».

Aggiunge inoltre che «l’utilizzo promiscuo e non definito di un ambiente quale quello destinato indifferentemente, nella Casa circondariale di Potenza, all’esecuzione di perquisizioni o ad azioni di “contenimento” ne manifesta l’assoluta inadeguatezza al trattamento sanitario di eventuali casi di acuzie». La delegazione del Garante nazionale, pertanto, nel colloquio conclusivo della visita, ha immediatamente richiesto alla Direzione della Casa circondariale di Potenza di mettere fuori uso la stanza in questione ed eventualmente di ristrutturarla con le dotazioni necessarie a renderla un ambiente integrato al reparto infermeria e a esso funzionale, provvedendo in modo da scongiurare che di essa venga fatto un uso diverso da quello a cui deve essere destinata.

Per questo il Garante, nel rapporto, raccomanda alla Direzione dell’Istituto di adempiere a quanto richiesto dalla delegazione al termine della visita e chiede di ricevere tempestive ed esaurienti informazioni a riguardo.

In occasione della visita all’Istituto di Potenza, la delegazione si è anche intrattenuta con un rappresentante sindacale – il segretario regionale del Sappe Saverio Brienza – che ha richiesto l’incontro in rappresentanza delle Organizzazioni sindacali Sappe, Uspp e Cgil della Polizia penitenziaria, per segnalare alcuni problemi dell’Istituto: in particolare, il rischio igienico- sanitario a cui sono esposti gli operatori e la popolazione detenuta nel reparto “giudiziario”. La delegazione, sempre durante la visita, ha potuto osservare da vicino il problema del reparto.

Si apprende, sempre nel rapporto, che è dislocato su tre piani, con struttura a ballatoio separata da reti a soffitto. Al momento della visita accoglieva 103 detenuti distribuiti nelle 44 stanze di pernottamento, di cui cinque singole per piano. Queste, definite “cubicoli”, sono sprovviste dell’angolo cucina e presentano il servizio igienico e il lavabo a vista.

Peraltro, anche nelle stanze multiple il servizio igienico è solo teoricamente riservato, giacché sulla parete di separazione vi sono “feritoie” che rendono il locale del tutto visibile dall’esterno. L’intero reparto, inoltre, risulta attraversato dalla rete fognaria e le esalazioni sono percepibili all’olfatto ( soprattutto di mattina, come riferito alla delegazione dagli operatori).

Infine, esso è collocato accanto al deposito della caldaia che contiene le cisterne del carburante per il riscaldamento con persistenti dispersioni di gasolio. Nei locali delle docce ( due con due postazioni per piano), all’epoca della visita le pareti e il soffitto presentavano vistose tracce di umidità e muffa. Anche nelle stanze di pernottamento, in particolare in quelle collocate al piano terra, erano visibili muffa e umidità sulle pareti in gran parte scrostate. Ma anche il reparto femminile non è da meno.

Sempre dal rapporto si evince che la delegazione del Garante ha potuto osservare che il reparto era costituito da 10 stanze, 6 da 3 posti e 4 da un posto, quest’ultime con il bagno a vista con separé. Nelle camere multiple il bagno era separato ma si presentava in pessime condizioni di manutenzione, con vistosi segni di muffa sulle pareti.

Secondo quanto riferito alla delegazione, è stato elaborato da diverso tempo un piano di ristrutturazione generale dell’Istituto finanziato dal Ministero delle infrastrutture che ha stanziato circa tre milioni per l’adeguamento agli standard di reparti giudiziario, donne e isolamento la cui realizzazione è stata rallentata da problemi legati alla natura sismica del terreno e dalla necessità di dare priorità alla soluzione di questi. Il garante nazionale, per questo motivo, raccomanda alle competenti autorità dell’Amministrazione penitenziaria di provvedere al completamento di tutte le opere necessarie per assicurare l’adeguamento dei reparti.