Si conclude con una condanna all’ergastolo l’iter processuale di Vincenzo Paduano, l’ex guardia giurata accusata dell’omicidio dell’ex fidanzata Sara Di Pietrantonio. La studentessa di 22 anni era stata strangolata e data alle fiamme il 29 maggio del 2016 nel quartiere della Magliana.

La sentenza della seconda corte d’assise di appello di Roma arriva ieri dopo più di tre anni, al termine del secondo processo d’appello che la Corte di Cassazione aveva disposto in aprile accogliendo il ricorso della procura generale. Paduano è stato condannato così per due reati distinti: lo stalking e l’omicidio pluriaggravato, in accordo alla tesi della Suprema Corte per la quale «il delitto di omicidio non assorbe il delitto di atti persecutori» .

«Sara non ce la riporta più nessuno, nemmeno dieci ergastoli. Spero che tutto questo dolore possa servire per altre ragazze, altre donne che si trovano in questa difficile situazione dello stalking psicologico». È il commento di Concetta Raccuia, mamma di Sara Pietrantonio, che ha atteso la sentenza insieme ad amici e familiari.

«La Corte ha fatto oggi qualcosa per gli altri - ha aggiunto la donna - è stato riconosciuto lo stalking come reato autonomo dall’omicidio e punito in presenza di una violenza invisibile». Il legale di parte civile per il padre di Sara, Nicodemo Gentile, parla invece di «pena giusta alla luce dei reati contestati» . In primo grado l’imputato era stato condannato al carcere a vita, ma con il primo giudizio di appello la pena era stata ridotta a 30 anni di reclusione.

«Non bisogna festeggiare per un ergastolo inflitto a un ragazzo giovane - ha concluso l’avvocato - ma è giusto rimarcare quando una pena è meritata. La famiglia ha avuto la sua condanna con la morte della ragazza».

In quella terribile notte di tre anni fa, quando i vigili del fuoco trovarono il corpo semi carbonizzato di Sara poco distante da un’auto in fiamme in via della Magliana.

Secondo la ricostruzione investigativa, Paduano lasciò il posto di servizio mentre era di turno come vigilante, arrivando sotto casa del ragazzo che frequentava in quel periodo Sara. Aspettò che la giovane lo riportasse a casa e inizió a seguirla. Poi speronò l’auto della ex costringendola a fermarsi, e una volta bloccata in strada la tramortì e strangoló dandola alle fiamme.

Gli inquirenti risolsero il caso nel giro di pochissimo tempo: recuperando alcuni post alquanto espliciti scritti da Paduano su Facebook, e ripercorrendo tutti messaggi che i due ragazzi si sono scambiati fino all’ultimo giorno, i pm hanno ricostruito un contesto di minacce e vessazioni psicologiche subite da Sara che l’ex pretendeva di controllare a distanza, nella speranza di poter esercitare un dominio possessivo anche se la relazione sentimentale era da tempo conclusa. Fermato, Paduano confessò di aver ucciso Sara per gelosia. «Non posso meritare la pace. Mi vergogno di quello che ho fatto. Non riuscirò mai a perdonarmi di aver tolto a Sara la possibilità di diventare grande», avrebbe detto il ragazzo nel corso del primo processo di appello.