Potrebbe essere l’ultimo divieto di sbarco firmato da Matteo Salvini. Arriva poco dopo le 16. Con la consueta formula imperativa, l’ormai uscente ministro dell’Interno firma il provvedimento che impedisce, stavolta, l’ingresso, il transito e la sosta nelle acque territoriali a una nave italiana, la Mare Jonio. Che ospita a bordo 96 migranti, tutti provenienti da Paesi del centrafrica.

Tra loro 26 donne, di cui 8 incinte, e 22 bambini, di cui alcuni piccolissimi. Il quadro non scalfisce la linea del capo del Viminale. E la sua scelta trova rapida corrispondenza in un altro ministro che sta per uscire di scena, il responsabile delle Infrastrutture e dei Trasporti Danilo Toninelli, il quale un paio d’ore dopo controfirma il provvedimento di divieto.

Il caso è un po’ più complesso della maggior parte di quelli liquidati, dal governo italiano, con la stessa modalità. Mare Jonio è infatti un rimorchiatore di una piattaforma umanitaria con sede in Italia, la Mediterranea Saving humans.

Interviene all’alba di ieri, nelle acque a 70 miglia a Nord delle coste libiche di Misurata. «Grazie ai nostri radar abbiamo individuato un gommone che aveva già cominciato a sgonfiarsi, e siamo riusciti a intervenire tempestivamente». Non del tutto, se si considera che degli oltre 100 migranti a bordo del gommone, almeno 6 sarebbero annegati «perché a un certo punto un’onda ha piegato l’imbarcazione, molti di noi sono stati scaraventati in acqua e alcuni non sapevano nuotare», come raccontano i naufraghi.

Il nodo non ancora del tutto chiarito riguarda i momenti immediatamente successivi al soccorso, completati poco prima delle 9 di mattina: la Mare Jonio ha informato l’Mrcc di Roma, il centro di coordinamento dei soccorsi italiano, che ha immediatamente indicato di interloquire con le autorità libiche.

«Ma si tratta di un Paese dove c’è la guerra civile», obiettano dalla Mediterranea. Così il centro soccorsi italiano inoltra al Viminale la richiesta di indicare un posto sicuro, ribaltata nel secco no di Salvini allo sbarco. «Ringrazio Toninelli, si rassegnino i signori del Pd, che sono istigatori d’odio, come conferma Orfini che mi dà del razzista: sono un italiano che ama la sua terra», rivendica il ministro. Forse per l’ultima volta.