Avete presente quelli che alla fine di una conversazione social piuttosto concitata, ti scrivono “punto”, come dire: Caro ciccio, le cose stanno come dico io e basta? Ecco, certi bellimbusti da tastiera sono i nipotini ( non voluti) di Peppino De Filippo, il grande Peppino, quando infilava un ragionamento così sgarrupato che per giustificarlo, riassumeva così: «E ho detto tutto!», sapendo perfettamente che non aveva detto proprio niente.

Ecco, “i fratelli Caponi che siamo noi”, indimenticati protagonisti di Totò, Peppino e la malafemmina, si sono reincarnati nei duellanti di questo governo sbilenco, duellanti a colpi di ultimatum che poi erano sempre penultimatum; o a botte di “Si fa così o basta”: e né si faceva né era mai basta davvero.

I vecchi del bosco, quei cronisti che hanno visto ben altro, sapevano già - giusto per restare nei pressi dell’inarrivabile principe De Curtis “dove volevano arrivare”.

E al bar sport della politica, dopo due bicchierini, tutto richiamava la via machista alla felicità in un malinconico gioco scontato di battute, tra chi aveva più attributi e chi poteva vantare lunghezze indicibili e indecenti. Sempre che nel conclave della trattativa non compariva l’ombra di una donna, e allora tutti zitti e mosca.

Ma se triste doveva essere il prodotto finale - e sfidiamo chiunque a considerarlo una robettina frizzante - era del tutto contronatura immaginare che il percorso sarebbe stato animato da eccessive profondità, dovendo ognuno marcare un territorio sia interno che esterno.

E allora, quale migliore opzione, per mostrarsi straganzi e straforti, se non la via più muscolare, quella che o si fa così o pomí? E allora è così che il mantra del lessico politico newco si arricchisce di un nuovo lemma: o così o salta tutto, pur sapendo che novelli Pietro Micca in giro non ce n’è.

Però , un attimo. Mentre noi ci si accapigliava a botte in testa col manganello di carnevale, qualcuno il suo “E ho detto tutto!” lo ha fatto sentire, eccome.

Non pensiamo gli servisse un’esibizione muscolare ulteriore, essendo muscolare per definizione il suo mandato. Ma insomma, nel bel mezzo di un governo che si doveva ancora fare, da Washington è piovuto un tweet di @ realDonaldTrump in cui il Roscio augurava lunga vita al suo “Giuseppi”, inteso come Conte. E per un momento, un lunghissimo momento, tutti hanno pensato a uno scherzo planetario. Ma poi, piano piano, la dura realtà ( per qualcuno) ha fatto breccia. Era proprio Trump, il presidente degli Stati Uniti d’America, una iniziativa così inusuale che ha mosso Federico Rampini a scrivere su Repubblica: «Il gesto è clamoroso: un’interferenza così visibile non si usava neppure ai tempi della guerra fredda».

E ho detto tutto.