Credevate davvero che un totem gigantesco qual è, per un governo simile, la riforma della giustizia potesse planare in Consiglio dei ministri come un aeroplanino qualsiasi? Macché. Il minimo erano i fuochi d’artificio prima durante e dopo. Ci sono stati. E avvolgono fino a tarda sera in una coltre d’incertezza il destino del ddl Bonafede, giudicato «acqua» da Salvini, infilzato dai rilievi della ministra Bongiorno, eppure meno divisivo, nella sostanza, di quanto faccia credere l’incredibile giornata di caos vissuta ieri.

La sostanza è che gran parte del testo messo a punto dal guardasigilli coincide con le richieste del Capitano, che alcune altre delle ipotesi leghiste sono difficilmente compatibili con un ddl delega ( separazione delle carriere ma anche riforma delle intercettazioni) e che i reali margini di scostamento tra gli alleati sono così sottili da non consentire di mandare in pattumiera una legge di 48 articoli.

Così, con un Consiglio dei ministri anticipato via facebook, iniziato con un’ora di ritardo, sospeso dopo due minuti, ripreso dopo più di tre ore e ancora in corso quando fuori è ormai buio, la riforma messa a punto dal guardasigilli resta, fino al momento di mandare in stampa questa edizione del giornale, sospesa su una corda tesissima. Giulia Bongiorno chiede alcune rettifiche immediate, altre differite.

La Lega chiede tempi di fase più stretti Le prime riguardano innanzitutto i tempi di fase massimi per i processi sia civili che penali, sforati i quali il giudice titolare del fascicolo va incolpato sul piano disciplinare: si era partiti da 9 anni, nella bozza proposta ancora ieri mattina da Bonafede si era già scesi a 6 anni, la ministra del Carroccio, fiduciaria di Salvini sulla giustizia, chiede di alzare la diga a 3 anni e 6 mesi.

I correttivi proiettati nel futuro riguardano invece intercettazioni e separazione delle carriere. È proprio sul “divorzio” fra pm e magistrati giudicanti che il leader del Carroccio costruisce la propria requisitoria via facebook, messa in diretta tre ore prima che inizi la riunione a Palazzo Chigi: «Della separazione non si parla, eppure per noi è essenziale».

Poi aggiunge: «Il ddl del ministro Bonafede lascia alla totale discrezionalità delle varie Procure la scelta dei reati da perseguire». E ancora: «Non si separano i due Csm». Obiezioni decisive per capire il corto circuito dialettico in cui si infila, a un certo punto, la discussione fra Lega e 5 Stelle. Perché tutti e tre i nodi evocati dal vicepremier sono già contenuti nella legge costituzionale voluta fortemente dall’Unione Camere penali.

L'Ucpi, separazione? Il Ddl è alla Camera.. Ebbene: il testo non solo è arrivato già da tempo a Montecitorio sotto la spinta vigorosa di 72mila firme, tutte raccolte dagli avvocati ma, come fa notare il presidente degli stessi penalisti italiani, Gian Domenico Caiazza, «è stata sottoscritta anche dal ministro Salvini ed è oggi sostenuta da un inedito intergruppo parlamentare, che comprende tutte le forze politiche, anche la Lega, in commissione Affari costituzionali...». Proprio in contemporanea con uno dei tre o quattro time out del Consiglio dei ministri, il presidente dell’Ucpi chiede che «chi vuole seriamente questa riforma, la porti in aula, la sostenga e la voti, senza ulteriori e inutili divagazioni».

Basta a dare la misura del caos scatenatosi ieri pomeriggio? Si potrebbe aggiungere come fonti cinquestelle facciano notare che una saldatura formale tra ddl Bonafede e legge sulle carriere dei magistrati renderebbe impossibile approvare la riforma dei processi entro fine anno, cioè prima che entri in vigore lo stop alla prescrizione: la legge sulla “separazione”, ricordano infatti, «è costituzionale e richiede numerose letture».

I diktat di Salvini previsti dal testo .Il Capitano del Carroccio dice che il testo del guardasigilli è «acqua, una riformina delle mezze misure». Invoca «l’introduzione del merito, dell’efficienza» nelle promozioni dei magistrati. Tema a cui è dedicato l’intero e assai corposo articolo 24 della legge Bonafede, che innalza le valutazioni di professionalità necessarie per giudici e pm che aspirano a incarichi direttivi e semidirettivi, con un temperato ripristino del criterio dell’anzianità per sfrondare il numero degli aspiranti.

Ancora, la proposta messa a punto da Salvini nella pre- riunione con Bongiorno, il sottosegretario Jacopo Morrone e gli altri ministri del suo partito reclama «assunzioni di magistrati e amministrativi», pure già previste. Nella diretta facebook, il leader del Carroccio invoca l’informatizzazione, puntualmente richiamata dalla riforma anche per il processo penale: il “deposito telematico” sarà “obbligatorio” per tutti gli uffici giudiziari individuati come già adeguatamente attrezzati anche sulla base del parere di Cnf e Ordini forensi coinvolti. Non solo, perché nel “civile”, dove il processo telematico è in vigore da tempo, viene messo al bando l’uso delle copie cartacee di cortesia, a meno che i “sistemi informatici non siano funzionanti e sussista una situazione d’urgenza”.

I tribunali riaperti e chiusi di nuovo Nelle frenetiche consultazioni pomeridiane emerge anche il nodo della geografia giudiziaria. Salvini chiede la «riapertura di alcuni Tribunali inopinatamente chiusi dal governo precedente». Era prevista nella prima bozza del guardasigilli ma eliminata in quella consegnata due giorni fa a Palazzo Chigi. C’è invece convergenza sulle sanzioni disciplinari per pm e giudici lenti: nel caso dei primi la scure di Bonafede non suscita particolari contestazioni da parte di Bongiorno, per i secondi prevale la tempistica più stringente sollecitata dalla ministra. Ma è proprio sui tempi del processo penale che le contraddizioni si fanno insostenibili.

A ridurli, ci aveva pensato il tavolo istituto a via Arenula con le rappresentanze dell’avvocatura e l’Anm. Considerata la difficoltà anche politica a procedere sulla strada delle depenalizzazioni, ci si era concentrati sui riti alternativi. È passata la rifinitura sull’abbreviato condizionato, non quella, decisiva, sul patteggiamento. Perché? Ad essere poco entusiasta dei forti sconti di pena previsti ( riduzione degli anni di carcere fino alla metà, estensione del rito a reati puniti anche con 10 anni di reclusione) è stata proprio la Lega.

Così la soluzione che lo stesso presidente dell’Ucpi Caiazza ancora ieri ha indicato come l’unica in grado di «ridurre i tempi» è stata esclusa dall’articolato. «Eppure», ricorda il leader dei penalisti, «si tratta di una parte essenziale dell’elaborato che, facendo un buon lavoro, si era approvato al tavolo con l’accordo di tutti: solo se si rafforza il patteggiamento si possono ridurre i tempi, con l’abolizione di questa parte l’intera efficacia della riforma viene meno». Non la pensa proprio così Bonafede, che però ieri non ha mancato di ricordare il paradosso all’alleato.

C’è invece convergenza sulla necessità di una stretta nei confronti dei magistrati, dai tempi di fase al Csm. È la frontiera estrema sulla quale, superate le fibrillazioni nella maggioranza, toccherà fare i conti con l’Anm. Un conflitto che, pur sottovalutato, rischia di diventare il collante più efficace per un governo mai come ieri in difficoltà nel trovare la sintesi.