Il vicebrigadiere Mario Cerciello Rega non aveva con sé l’arma la notte in cui è stato accoltellato a morte.

Cerciello aveva dimenticato la pistola A dirlo, nel corso di una conferenza stampa, è stato il comandante provinciale dei Carabinieri di Roma, Francesco Gargano. «Cerciello non aveva l’arma con sé ha sottolineato - Lo sa solo lui il perché. Aveva le manette, quindi probabilmente è stata una dimenticanza, ma ciò non toglie nulla al fatto che comunque non avrebbe avuto la possibilità di reagire e quindi di utilizzarla, anche se l’avesse avuta».

La conferenza stampa, alla quale hanno preso parte i procuratori aggiunti Michele Prestipino, Nunzia D’Elia e il comandante del nucleo investigativo Francesco D’Aloia, è servita a ricostruire la dinamica confusa delle ore a cavallo tra il 25 e il 26 luglio, giorno della morte del vicebrigadiere e dall'arresto dei due cittadini americani Christian Gabriel Natale Hjort e Finnegan Lee Elder, accusati in concorso per l’omicidio. E a mettere dei paletti: in primo luogo la correttezza degli interrogatori, svolti con tutte le garanzie del caso, «alla presenza dei difensori e dell’interprete», in secondo luogo l’intransigenza della procura e dell’intera Arma sull’episodio relativo alla foto che ritrae Natale Hjorth ammanettato e bendato prima dell’interrogatorio.

Il ragazzo bendato Un fatto subito segnalato dall’Arma, ha spiegato Prestipino, che lo ha definito «grave e inaccettabile. E la procura ha già avviato le indagini necessarie per accertare quanto accaduto, per consentirne la più adeguata qualificazione giuridica e per definire tutte le relative responsabilità».

Alcuni aspetti sono ancora da approfondire e le indagini, ha chiarito, sono ancora in corso, anche per chiarire i ruoli svolti dagli altri personaggi coinvolti nella vicenda, come Sergio Brugiatelli, l’intermediario a cui i due americani si erano rivolti per trovare della cocaina.

La dinamica di quella notte È toccato a Gargano provare a ricostruire la dinamica di quella sera, partendo da una precisazione: l’intervento dei carabinieri è stato «regolare e corretto». Ha raccontato dell’intervento in Piazza Mastai, l’identificazione di Brugiatelli dopo il furto dello zaino e poi la chiamata al 112 e l’operazione in borghese di Cerciello e Varriale, che sono andati all’appuntamento con i due americani che avevano messo in atto un tentativo di estorsione ai danni di Brugiatelli.

«Nel momento in cui si sono qualificati come carabinieri - ha chiarito Gargano - sono stati proditoriamente ed immediatamente aggrediti dai due». È durato tutto pochi attimi: Varriale è stato buttato a terra, per vedere solo in secondo momento, dopo le urla del compagno, Elder in fuga. Così ha dato l’allarme ai colleghi, tentando intanto di tamponare la ferita di Cerciello con una maglietta.

«Non c’è stato il tempo di reagire. E Varriale, che era l’unico che poteva farlo, non poteva sparare a un soggetto in fuga, altrimenti sarebbe stato lui quello indagato», ha spiegato Gargano. Ma la sua prima preoccupazione è stata quella di soccorrere il collega a terra. «Cerciello ha ricevuto 11 coltellate, alcune sono arrivate fino in fondo alla base della lama, addirittura hanno trapassato lo stomaco, il colon e l’intestino».

I due statunitensi colpevoli Per il procuratore aggiunto D’Elia, sulla colpevolezza dei due americani non c’è alcun dubbio. Perché al di là delle loro dichiarazioni, «abbiamo elementi chiari». Come il coltello e le immagini delle telecamere.

«Elder ha dichiarato di non sapere che si trattava di un carabiniere e che, avendo paura, ha iniziato a colpirlo con il coltello tante volte, finché non lo ha sentito lasciare la presa. Ma in realtà ha ammesso di non aver visto un’arma - ha sottolineato il magistrato - Ha reagito con 11 coltellate di estrema violenza, stando a quello che dice il medico legale». I due non hanno capito subito quanto fosse grave la situazione. «Natale Hjorth ha chiesto: “ma è morto, è proprio morto?”». Elder invece, «ha versato qualche lacrima».