Manca poco. Domani sarà ufficializzato l’ordine del giorno del Consiglio dei ministri, e a quel punto diventerà ufficiale la fissazione del primo esame collegiale, da parte del governo, sulla riforma della giustizia.

Nelle ultime ore la tensione sul dossier è salita. Prima le Lega - con Salvini innanzitutto, ma anche con il sottosegretario Morrone - ha dichiarato la necessità di rendere gli interventi «meno timidi». Poi il titolare della partita, il guardasigilli Alfonso Bonafede, ha rotto gli indugi e ha detto che porterà il suo testo, in ogni caso, «questa settimana in Consiglio», appunto. Annuncio affidato ieri a un’intervista al Corriere della Sera.

Tutto sta a capire se davvero le diverse valutazioni all’interno della maggioranza faranno tornare ai box l’ampio disegno di legge definito a via Arenula. O se invece, come sembra probabile, il Carroccio si riserverà di presentare le proprie “integrazioni” nel corso dell’esame parlamentare.

Modifiche al testo Certo è che il testo di Bonafede già si è evoluto rispetto alla bozza inviata lo scorso 12 luglio all’ufficio legislativo di Palazzo Chigi. Nelle due settimane intanto trascorse sono intervenuti diversi ritocchi. Alcuni illustrati dallo stesso ministro della Giustizia nell’intervista di ieri.

Primo fra tutti, la diversa collocazione del sorteggio per eleggere i togati al Csm: verrà effettuato prima della fase elettorale propriamente detta, che servirà dunque a scegliere i futuri consiglieri all’interno di un bacino ristretto e individuato in modo casuale. In tal modo sarà evitato il rischio dell’incostituzionalità, ha spiegato il guardasigilli.

Non è il solo punto rivisto negli ultimi giorni, sulla base di analisi compiute dai “tecnici” di via Arenula e Palazzo Chigi e in virtù di un confronto con la plenipotenziaria leghista sulla giustizia, Giulia Bongiorno, definito «costante» da Bonafede. Se è così allora, perché la maggioranza dovrebbe dividersi sul dossier?

Divisioni In parte il nodo è in una certa confusione sorta attorno ai contenuti effettivi della riforma. In realtà il ddl messo a punto al ministero della Giustizia contiene almeno quattro distinti interventi: uno riguarda il processo civile, un altro il penale, un altro ancora modifica l’ordinamento giudiziario, mentre la parte finale dell’articolato è riservata alle nuove norme sul Csm, ed è la sola a non assumere la forma della legge delega.

«Su una materia del genere», ha più volte ripetuto il guardasigilli, «è giusto lasciare campo aperto alle Camere». Il punto è che degli interventi sul processo civile, per esempio, si è discusso finora pochissimo. Sono meno seducenti e spendibili dal punto di vista della comunicazione politica. Ma si tratta pur sempre delle questioni che hanno le ricadute più immediate sugli investimenti e l’economia del Paese.

Si è parlato poco, in realtà, persino delle misure effettivamente previste in ambito penale. E qui in effetti potrebbero esserci dei margini di intervento ulteriore. Ad esempio sull’estensione dei riti alternativi: si è rinunciato a innalzare la pena massima per la quale è applicabile il patteggiamento.

Le resistenze della Lega Ma proprio su tale versante è la Lega ad avere le resistenze più forti. Non c’è stato finora uno specifico dibattito su alcune misure ordinamentali pure importanti. Tra queste, una già rimessa da parte: l’abolizione della figura del procuratore aggiunto, che nella prima bozza era stata soppressa a vantaggio di quella del “magistrato coordinatore”.

Il dibattito si è concentrato sulle sanzioni previste per i magistrati che dovessero sforare ripetutamente i tempi massimi di fase nella trattazione dei fascicoli loro assegnati: il termine di 9 anni è sembrato intollerabile all’Anm ma, al contrario, troppo alto alla Lega, ed è stato ridotto a 6 anni. Sul punto il dibattito resta aperto, anche con l’avvocatura che, come ha ricordato il presidente del Cnf Andrea Mascherin, intende continuare ad essere interlocutore privilegiato della magistratura.

Non si è fatto in tempo a inserire nel ddl la riforma delle procedure riguardanti la giustizia minorile, che la ministra Locatelli ora intende promuovere e che la stessa avvocatura ritiene urgenti. La Lega e Forza Italia puntano sulla riforma costituzionale della separazione delle carriere, messa a punto dall’Unione Camere penali, grazie alla quale il testo è ora a Montecitorio. È stata finora del tutto sottaciuta la risposta, pure offerta dal ddl Bonafede, sulla possibile revisione della geografia giudiziaria e sul divieto di ritornare alle precedenti funzioni per i magistrati che assumano incarichi elettivi o di governo.

Non ci sono dubbi, insomma, sul fatto che il testo potrebbe essere ancora integrato. Ma non si può certo dire che si tratti di un approccio riformatore poco ambizioso. Bonafede lo definisce «epocale». Di certo è imponente per l’ampiezza delle questioni trattate. E sarebbe bizzarro se un disegno del genere fosse rimasto ancora escluso dalla discussione ufficiale in Consiglio dei ministri, dove approderà nelle prossime ore.