Avvocati nei Consigli giudiziari. All’incontro con le parti sociali di ieri, il vicepremier Matteo Salvini ha dedicato un focus persino alla giustizia.

«Ci viene chiesta una riforma civile e tributaria, ampia e coraggiosa, risposte certe e punizioni certe». E ha aggiunto: «Ne parleremo con Bonafede».

In realtà l’amplissimo ddl delega inviato venerdì scorso dal guardasigilli a Palazzo Chigi, e destinato a essere discusso nelle prossime ore in Consiglio dei ministri, non lesina interventi vigorosi, nei confronti della magistratura, sul versante disciplinare.

E che si tratti di una riforma comunque ispirata a contenuti di novità è confermato anche da un passaggio che inizia ( almeno) a infrangere un tabù: si tratta della previsione secondo cui gli avvocati potranno partecipare ai Consigli giudiziari anche quando questi ultimi formulano i previsti pareri sulla professionalità dei magistrati, valutazioni per le quali l’ultima parola spetta al Csm.

Un passo in avanti. Non si tratta del passo definitivo auspicato dal Consiglio nazionale forense, ossia del riconoscimento del diritto di voto, oltre che di quello “di tribuna”.

Ma viene comunque codificata una prassi significativa, che sottrarrebbe una volta per sempre i rappresentanti del Foro all’imbarazzo di dover lasciare le assemblee dell’autogoverno locale quando l’ordine del giorno prevede discussioni sulla professionalità delle toghe.

I cambiamenti. La novità è introdotta all’articolo 27 della legge delega, in particolare alla lettera a) del primo comma, dove si prevede che i decreti legislativi seguenti la riforma dovranno, in materia di Consigli giudiziari, “introdurre la facoltà per i componenti avvocati e professori universitari di assistere alle discussioni e deliberazioni relative all’esercizio delle competenze di cui all’articolo 15, lettera b), del decreto legislativo 27 gennaio 2006, n. 25”.

La norma richiamata è appunto il passaggio della “vecchia” riforma ordinamentale che attribuiva ai Consigli di distretto la funzione di dare pareri sulle valutazioni di professionalità. Competenza per la quale la composizione degli organi dell’autogoverno locale è però riservata ai soli “togati”.

L’articolo 16 della ricordata riforma del 2006, infatti, esclude sia gli avvocati sia gli accademici dalla stessa semplice presenza nelle assemblee, quando si tratta di giudicare il grado di professionalità di giudici e pm.

Un passo avanti dunque, anche non definitivo. Seppur non si arrivi a riconoscere il diritto di voto, si dà la possibilità di far valere il punto di vista della classe forense, e dunque di far pesare in modo dialettico, e non solo cartolare, quella facoltà, auspicata dal Csm per i Consigli dell’Ordine, di inviare segnalazioni sulla professionalità del singolo magistrato.

La partecipazione degli avvocati. Non a caso, all’interno della precedente consiliatura di Palazzo dei Marescialli si sono distinte due figure di vertice che hanno dato man forte non solo al presidente del Cnf Mascherin ma anche all’ex guardasigilli Orlando sulla piena partecipazione degli avvocati all’autogoverno locale: il vicepresidente Legnini e il primo preside della Cassazione Canzio.

Proprio da quest’ultimo erano venuti più volte appelli a introdurre nei Consigli giudiziari un principio mutuabile con semplicità dal Consiglio direttivo della Cassazione.

La “cellula dell’autogoverno” istituita presso la Suprema Corte già prevede infatti che il rappresentante dell’avvocatura - in quel caso il presidente del Cnf - possa votare, e che possa farlo anche sui pareri relativi alla professionalità dei magistrati.

Canzio ha proposto di assegnare analoga facoltà anche ai presidenti degli Ordini “capoluogo” del distretto in ciascun Consiglio giudiziario.

Più che una rivoluzione, il compimento di una partecipazione già riconosciuta, nel governo della giurisdizione, agli avvocati.

Finora le correnti della magistratura hanno espresso, seppur con gradazioni diverse, pareri contrari a tale ipotesi. Netta chiusura, per esempio, da parte di Autonomia & indipendenza, atteggiamento più possibilista di Area.

Ora la riforma Bonafede potrebbe allagare ancora un po’ la breccia già in modo da consentire il completamento del percorso.