Felice Benvenuti. Sono passati vent'anni dalla scomparsa di Feliciano Benvenuti, il 16 luglio 1999. Uno studioso di diritto amministrativo la cui grandezza e modernità è resa sempre più evidente dal tempo che passa. E un avvocato di massimo rilievo: in senso ampio, un punto di riferimento culturale, economico, sociale. Forse davvero l'ultimo Doge. A distanza di vent'anni, la sua eredità è ben viva.

Come studioso, è stato in grado di comprendere non solo il sistema ma la sua dinamica. Ha percepito che la storia stava - e sta - vivendo un’accelerazione incredibilmente elevata. Ha visto i cambiamenti e indicato ciò che di fondamentale deve essere assicurato: il procedimento, come luogo di partecipazione e di co- amministrazione da parte del cittadino. È uno dei padri della legge 241/ 1990, che ha segnato un passaggio epocale, non solo nel diritto amministrativo, e neppure soltanto nel mondo giuridico, ma a livello culturale. Come da lui espresso con chiarezza, è venuta meno quella coincidenza tra interesse pubblico e interesse della pubblica amministrazione che prima era una sorta di postulato. E l’interesse pubblico è divenuto il risultato di una fusione tra l’interesse pubblico fatto valere da un’amministrazione e l’interesse privato fatto valere dal cittadino.

Così scriveva Benvenuti - ' quasi una conclusione autobiografica', secondo le sue parole riassumendo i temi di una vita: “Con l'introduzione del procedimento, il cittadino entra in un rapporto attivo con l'amministrazione attraverso l'esercizio di poteri di codeterminazione.” Ciò è il ' punto di arrivo di un'evoluzione che porta il sistema dello Stato di diritto ai suoi più estremi, e d'altronde inevitabili, confini”. Era lieto di aver visto quella evoluzione. ' Ma” scriveva – “più ancora godo di vedere l'inizio di una nuova grande storia di cui posso solo intuire gli svolgimenti, ma che auguro altri possano vedere”.

C'è da chiedersi: la nuova grande storia che lui intuiva, noi la stiamo vedendo? Questo è il punto. La straordinaria attualità del pensiero di Feliciano Benvenuti sta nell'aver interpretato una sensibilità che stava sorgendo e che si stava consolidando. Nell'aver visto la prospettiva verso cui si andava. Ma sta anche nel fatto che quella prospettiva è un obiettivo ancora lontano da raggiungere, e che per questo rimane avanti a noi.

Ci resta poi l'eredità di Benvenuti avvocato ( di cui è parte anche l’Associazione veneta degli avvocati amministrativisti, da lui fondata). E quello che ci ha lasciato è spiegato da una storia.

Era il 1991, si inaugurava la scuola forense veneziana ( che ora porta il suo nome). Benvenuti fece un intervento a braccio. Un praticante dell'epoca, carico di motivazioni ideali Enrico Gaz – si era portato un mangiacassette e lo registrò. Molti anni dopo, sbobinato e trascritto, quell'intervento è ancora da brividi. Era giugno e Benvenuti esordiva così, rivolgendosi ai giovani che aspiravano a diventare avvocati: “Potremmo iniziare con una domanda: perché siete qui e non in spiaggia? Oggi è un gran bella giornata! Che caldo e che bel sole! Perché siete qui? Perché avete scelto questa via? La domanda non è banale e la risposta decisiva. Qualcuno lo fa per continuità familiare, qualche altro per la posizione sociale che la nostra professione ancora assicura, pochi, mi auguro, per trovare il mucchio d’oro perché soldi se ne fanno di più e con molta minore fatica facendo altre cose.

In realtà io penso di immaginare quali siano le vostre risposte: state realizzando la vostra vocazione, la vostra chiamata al meglio di voi stessi.”

È l'ultima lezione. A tanti anni di distanza, in un mondo così cambiato, fare l'avvocato può non essere solo dover vivere di una professione piena di problemi, magari intrapresa come un ripiego rispetto ad altre scelte. Può essere il modo per rispondere alla chiamata al meglio di noi stessi.

* presidente dell’Associazione veneta degli avvocati amministrativisti