Un altro diritto negato. Le persone recluse non possono fare sesso con i loro rispettivi partner. Per questo a volte accade che alcuni detenuti eludono l’imposizione, approfittando delle salette adibite per far incontrare le proprie compagne con i figli piccoli.

Il caso

Due giorni fa, infatti, una coppia ha patteggiato cinque mesi. È accaduto che la mamma con il piccolo di 9 anni era andata a trovare il compagno detenuto al carcere Don Bosco di Pisa e lì, nella saletta adibita per l’incontro, tra un bacio e un abbraccio, sono poi sfociati irrimediabilmente in un rapporto sessuale.

Il diritto della sessualità in carcere è stato al centro del dibattitto durante i famosi Stati generali dell’esecuzione penale, convocati dell’allora ministro della Giustizia Andrea Orlando.

Fu lì che venne partorita la riforma dell’ordinamento penitenziario, poi naufragata, o meglio ancora, disattesa a metà. E nella metà perduta era anche contemplato il diritto all’affettività e all’intimità del detenuto con il proprio partner.

Diritto che teoricamente dovrebbe essere meritevole di tutela e che può certamente inglobarsi in alcuni principi costituzionali. C’è quello personalistico ( art. 2 Cost.), il diritto al mantenimento dei rapporti affettivi e familiari in carcere ( art. 29, 30 e 31 Cost.) e il principio della finalità rieducativa della pena ( art. 27 comma 3 Cost.).

La Convenzione europea per i diritti dell'uomo

A livello sovranazionale, l’articolo 8 della Convenzione Europea dei diritti dell’Uomo sancisce il “diritto di stabilire relazioni diverse con altre persone, comprese le relazioni sessuali” e che “il comportamento sessuale è considerato un aspetto intimo della vita privata”.

All’articolo 12 viene, poi, anche sancito il diritto di creare una famiglia. Su questo sfondo normativo, il Consiglio dei ministri europeo ha raccomandato agli Stati membri di permettere ai detenuti di incontrare il/ la proprio/ a partner senza sorveglianza visiva durante la visita.

Parimenti che anche l’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa ha raccomandato di mettere a disposizione dei detenuti dei luoghi per coltivare i propri affetti relativa agli effetti della detenzione sui piani familiari e sociali. Infatti ben 31 Stati su 47 componenti del Consiglio d’Europa, prevedono nel proprio ordinamento interno, attraverso svariate procedure, la possibilità per il detenuto di accedere a visite affettive con il proprio partner.

Ricordiamo, tra gli altri, Russia, Francia, Olanda, Svizzera, Finlandia, Norvegia, ed Austria. In Germania e Svezia, addirittura, negli istituti penitenziari sono stati edificati dei miniappartamenti dove il detenuto è autorizzato a vivere per alcuni giorni con la famiglia.

L'Italia

Ritornando in Italia, pochissime carceri hanno avviato da tempo, per via sperimentale, le “stanze dell’affettività”.

Per un giorno intero i detenuti ammessi possono parlare, prendere un caffè, giocare, abbracciarsi e baciarsi come una famiglia normale dimenticando di essere dentro un carcere. Ma il sesso no, è vietato.

Un divieto che ha ripercussioni sulla psiche umana, ed è scientificamente provato che aumenta la violenza nelle carceri.

«Si tenga conto – scrive Adriano Sofri nella prefazione del libro “Uomini come bestie. Il medico degli ultimi” del professore Franscesco Ceraudo, recentemente presentato al convegno organizzato da Nessuno Tocchi Caino alla sede del partito radicale - che la gran maggioranza dei detenuti è fatta di ragazzi tossicodipendenti o stranieri: animali giovani tenuti alla catena, feriti e inebetiti.

La mutilazione sessuale è per loro più incandescente». Una mutilazione, una doppia pena non richiesta, che come viene evidenziato dall’autore del libro stesso, incide sulle malattie, fisiche e psichiche.