Governo tensione altissima. Martedì sera, nel vertice su autonomie e autostrade, la tensione tra i soci della maggioranza ha raggiunto picchi come non se ne vedevano dalla prima tempestosa settimana post- elettorale.

Dal "diamoci il cinque" a uso dei fotografi Salvini e Di Maio sono tornati alla minaccia di stamparsi reciprocamente ' la cinquina' in piena faccia.

Effetto Bruxelles

L'aspetto singolare della faccenda non è che tra Lega e M5S riemergano tensioni mai sopite e divisioni profondissime a che succeda proprio quando, quasi all'improvviso, da Bruxelles spira un vento ben diverso da quello dei giorni precedenti.

Lo scetticismo della Commissione

Non è che la Commissione sia ora pronta farsi convincere dalle cifre italiane. E' scettica oggi come lo era un paio di giorni fa e fosse per i commissari la richiesta ufficiale di procedura d'infrazione partirebbe senza esitazioni, come previsto e programmato, il prossimo 2 luglio.

Ma i governi che contano e la Bce sono molto più prudenti. Sanno che uno scontro con l'Italia significa mettere ad alto rischio l'intero impianto dell'Unione e la stabilità della moneta unica.

In assenza di decisioni chiare dell'Italia né in direzione della resa né in quella della sfida aperta preferiscono rinviare il redde rationem.

La speranza gialloverde

Non è ancora detto che finisca così. La commissione continua a puntare sull'avvio di procedura, ma se l'Italia uscisse indenne dalle forche caudine dell'eventuale procedura sarebbe per il governo gialloverde un successo importante pur se non decisivo.

Conte e Tria si presenterebbero all'appuntamento autunnale con la manovra con alle spalle la certificazione, implicita nel blocco o congelamento della procedura, che i conti italiani sono più in ordine di quanto non figurasse nelle analisi di Bruxelles.

Senza essere incalzati dalla inquietudine dei mercati, che senza dubbio verrebbe invece provocata dall'avvio di procedura.

In teoria ci sarebbe da festeggiare. Ma i governanti, invece di brindare, si azzannano.

Venti di crisi

La crisi, sulla bocca di tutti e ciascuno dalla sera delle elezioni europee, dovrebbe figurare almeno un po' più distante.

Invece torna all'ordine del giorno. La cosa non in realtà sorprendente. Le ostilità, tra i partiti di governo, erano scemate, pur senza mai fermarsi del tutto, proprio in corrispondenza con l'inizio del nuovo braccio di ferro tra Roma e Bruxelles.

Non si tratta, ovviamente, di singolari coincidenze. Molto più sul contratto, effimero e fragile.

L'alleanza di governo fra Lega e M5S si basa infatti sul solo vero elemento comune: un euroscetticismo, certo declinato secondo sfumature diverse, ma lo stesso è il vero elemento in comune tra i due partiti.

E' naturale che, quando la tensione con l'Europa sale, quella interna alla maggioranza scenda, perché l'elemento comune prende il sopravvento sui fattori divisivi, e viceversa.

La procedura vera e propria, probabilmente, sarebbe una scossa tellurica troppo forte per una maggioranza così fragile.

L'atteggiamento di Salvini

Ma il braccio di ferro implica invece riavvicinamento e coesione. Proprio la partita con l'Europa, che per Salvini è allo stesso tempo la più difficile e la più importante, spiega in buona misura perché il leader leghista eviti una spallata che lo costringerebbe poi ad assumersi in prima persona la responsabilità di governo.

Sino a che l'esecutivo regge, con la presenza al suo interno di una potente delegazione extrapartitica, più istituzionale che tecnica, Salvini può avvantaggiarsi delle trattative intavolate da quella delegazione, da Conte, Tria e Moavero, senza assumersene la responsabilità.

Allo stesso tempo può contrattare con la Ue da una posizione forte. Con il supporto anche di una parte dell'opposizione può mettere in campo una amplissima maggioranza, sia parlamentare che elettorale.

Può contare sulla assoluta assenza di alternative politiche, particolare al quale l'Europa, attenta alla politica anche quando sembra parlare solo di conti, è sensibilissima.

Conte, infine, può far pesare, senza neppure bisogno di renderla esplicita, la minaccia di un governo Salvini al posto del suo, e per la Ue il cambio della guardia sarebbe problematico.

Nodo autonomie

Ma se queste ragioni, e altre ancora a partire della redditività in termini di consenso di un governo in cui Salvini ha tutti i vantaggi della premiership senza pagare alcun pegno, spiegano la determinazione del capo leghista nel difendere ancora l'alleanza gialloverde, la tempestosa riunione di martedì sera, col doppio veto incrociato su autonomie e autostrade, illustra nel modo più eloquente quali ne sono i prezzi.

Una paralisi nella quale l'incidente fatale può arrivare in ogni momento anche senza essere preparato e cercato da nessuno.

Perché di solito le crisi non vengono pianificate. Capitano.