Forse nessun’altra figura del mondo dello spettacolo, presenta così tante contraddizioni come Michael Jackson. Un artista a tutto tondo, un genio della musica, una pop star di successo, un ballerino che ha rivoluzionato il ritmo e i movimenti, da una parte. Dall’altra l’uomo, anzi l’eterno bambino, il nero che diventa bianco, la rockstar chiusa nella sua torre d’avorio, le accuse di pedofilia.

Sbagliato provare a tenere tutto insieme, tracciare un’unica linea di una vita così complessa, fino all’ultimo giorno, quando dieci anni fa moriva per un’overdose di medicinali, quegli anti dolorifici di cui abusava e senza i quali non poteva stare.

Nato a Gary, in Indiana, nel 1958 è il settimo di dieci figli di una famiglia non qualsiasi. Cinque di loro, compreso Michael, danno vita ai The Jackson 5: un successo immediato, che mette in evidenza il suo ruolo, le sue doti canore e di movimento. In quegli anni i fratelli Jackson sono sotto la guida di un padre padrone che li vede prima di tutto come fonte di guadagno.

Un padre che verrà spesso citato per spiegare i problemi del suo figlio più geniale e controverso. L’incontro con Quincy Jones è l’inizio della carriera da solista che lo ha reso una delle popstar più conosciute e amate al mondo. Seguono i dischi che hanno fatto la storia della musica mondiale. Nel 1979 incide Off the wall che dà vita a ben 4 hit di successo. Michael non è soddisfatto pienamente, spera di aver un maggior riscontro.

E in seguito lo avrà. Un successo che vale ancora oggi. Nel 1982 infatti esce Thriller, l’album dei record: è il disco che ha venduto di più nella storia della musica, 100 milioni di copie in tutto il mondo. Ma non è solo sound. Il video musicale di Thriller, per la regia di John Landis, della durata di 13 minuti e mezzo, è un caposaldo della storia dei video, una sorta di classico ancora oggi imprescindibile. Lo stesso si può dire degli altri suoi album come Bad e Dangerous.

Nel 1984 gira insieme ai suoi fratelli lo spot per la Pepsi cola e durante la simulazione di un concerto i suoi capelli prendono fuoco. Per anni Michael Jackson si deve sottoporre ad interventi al cuoio capelluto a causa dell’incidente. Ma non saranno le uniche operazioni, gli unici interventi che lui farà sul suo corpo.

Da nero si fa bianco a causa dirà - della vitiligine, da uomo ridiventa bambino, da maschio diventa una figura femminea. Ridisegna il suo corpo in maniera ossessiva, quasi volesse diventare uno degli zombie di Thriller. In quella ossessione c’è anche una grande forza di volontà: non volersi adattare alle forme che il destino gli ha concesso, il volersi cambiare, il voler diventare ciò che desidera.

Ma nessuno lo perdona. I bianchi perché lui in fondo resta nero. Gli afroamericani perché si sentono traditi. I fan negli anni continuano ad amarlo per le sue canzoni, ma la sua mutazione non verrà mai capita. E’ una strada che lo porta verso l’abuso degli anti dolorifici e a una vita di solitudine, alla fine verso un decesso giunto davvero troppo presto. Il 25 giugno del 2009 Michael Jackson, a soli 51 anni, muore per un infarto provocato dall’anestetico propofol.

Nel 1993 arriva la prima accusa di pedofilia. Non sarà la sola. Jackson verrà anche arrestato ma il processo che si chiude nel 2005 stabilisce la sua innocenza. Alcuni casi vengono chiusi prima con un accordo economico. La popstar - lo racconta lui stesso ama i bambini perché si sente come loro.

Dopo la morte, il documentario Leaving Neverland ha riaperto il caso e la discussione. Neverland era la sua casa- parcogiochi ora in vendita, dove ospitava diversi minorenni. Alcuni di loro hanno partecipato al film raccontando la loro esperienza di abusi da parte della rockstar. Ma lui non c’è più per ribattere e Leaving Neverlandnon dà voce né alla difesa né a una ricostruzione che si articoli anche nella ricerca di prove.

È indubbiamente una vicenda intricata, in cui è difficile stabilire cosa sia veramente accaduto. Ma forse proprio in questi casi la cautela da parte del sistema mediatico dovrebbe essere la prima regola. Così non è. Il processo mediatico azzanna tutto, ama le certezze e non i dubbi, preferisce dare ragione al proprio pubblico che davanti a questa storia è tendenzialmente colpevolista.

Le paure di chi legge, l’angoscia che si prova davanti al racconto dei bambini che frequentarono Jackson sono più che comprensibili, ma ciò non toglie che chi fa informazione deve avere il compito di verificare, di non creare mostri. Per Jackson, una della più grandi popstar mai esistite, forse però è ormai troppo tardi.