Estensione dell’obbligo dell’equo compenso alla Pubblica amministrazione, istituzione di un’Autorità garante del mercato delle professioni e legittimazione delle rappresentanze di categoria a esercitare la class action a tutela dei professionisti. Sono solo alcuni dei temi analizzati ieri al tavolo ad hoc istituito a via Arenula sull’equo compenso, al quale hanno partecipato il presidente del Consiglio nazionale forense, Andrea Mascherin, il sottosegretario alla Giustizia e coordinatore del tavolo tra tutti gli ordini professionali, Jacopo Morrone, e Pietro Enzo Gancitano, consulente giuridico del ministro della Giustizia Alfonso Bonafede per gli Ordini professionali.

Un incontro durante il quale Mascherin ha evidenziato le principali criticità relative alla corretta applicazione della normativa, la cui introduzione, frutto di un’iniziativa del Cnf, ha avuto il merito di riportare il tema della remunerazione dei professionisti all’interno della giusta cornice costituzionale, per regolamentare meglio le relazioni tra professionisti e clienti dalla grande forza contrattuale, col fine ultimo della tutela del lavoro.

Ed è proprio per garantire maggiori tutele per i professionisti che Mascherin ha proposto alcuni interventi per risolvere le criticità individuate sul testo ad un anno dalla sua entrata in vigore, sulla cui base verrà riconvocato a breve il tavolo, con lo scopo di definire un testo di modifica da perfezionare a stretto giro.

Le proposte al vaglio del sottosegretario sono diverse e prevedono, tra le altre cose, un vincolo ancora più esplicito, per la pubblica amministrazione, al rispetto dell’equo compenso, eliminando ogni vaghezza in grado di generare interpretazioni creative. Ciò anche a seguito delle polemiche suscitate dal bando pubblicato dal Mef il 27 febbraio scorso, che prevedeva il conferimento di incarichi di consulenza a titolo gratuito.

L’estensione proposta da Mascherin assoggetterebbe in modo inequivocabile dunque la pubblica amministrazione al principio dell'equo compenso, in relazione alle prestazioni rese dai professionisti in esecuzione di incarichi conferiti dopo la data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto. Un’estensione che, nei suggerimenti del presidente del Cnf, riguarda anche gli agenti di riscossione, ora al di fuori del campo di applicazione della normativa.

Ma non solo. Dall’incontro di ieri è emersa anche la necessità di chiarire, nel testo, che per “convenzione” s’intendono anche il singolo contratto e i singoli incarichi, così come la necessità di introdurre una norma transitoria che renda la disciplina applicabile anche agli accordi in corso al momento dell’entrata in vigore della legge.

Tra i diversi suggerimenti, quello di istituire una Autorità garante del mercato delle professioni che vigili sul rispetto dell’equo compenso da parte dei committenti, e che sia dotata di poteri sanzionatori, e il riconoscimento, in capo alle rappresentanze di categoria, di una legittimazione all’instaurazione di un’azione collettiva - ovvero una class action - a tutela dei singoli professionisti.

Suggerimenti che hanno colto nel segno: il sottosegretario Morrone e il consulente Gancitano hanno infatti manifestato piena disponibilità a una tempestiva valutazione delle proposte formulate durante la discussione, ribadendo l’impegno a individuare al più presto un veicolo normativo per apportare le necessarie modifiche alla legge sull’equo compenso che superi le criticità manifestate e rappresentate dai rappresentanti delle professioni.

Sul tema, intanto, è prevista una manifestazione, in programma per domani alle 11 nell’aula avvocati della Corte di Cassazione, organizzata dall’Organismo Congressuale Forense in collaborazione con l’Ordine degli avvocati di Roma, per “il diritto all’equo compenso, dall’enunciazione alla disapplicazione”.

Manifestazione che vede in programma anche la partecipazione del sottosegretario Morrone, del presidente dell’Anac Raffaele Cantone e del presidente dell’Anci Antonio Decaro, per contestare le «gare al ribasso per conferire il mandato, clausole vessatorie di varia natura e offerta di consulenze a titolo gratuito ripagate col presunto prestigio dell'incarico».