Il prossimo Natale tornerà a dare la voce ad uno dei migliori personaggi che Disney abbia mai creato, Olaf, il pupazzo di neve a cui piacciono i caldi abbracci in Frozen 2. Nel frattempo Enrico Brignano sbarca al Filming Italy Sardegna Festival al termine di una stagione che lo ha visto trionfare a teatro con lo spettacolo Innamorato Perso e che si concluderà a settembre con l’uscita del suo nuovo film Tutta un’altra vita. In Sardegna riceve il Filming Italy Award e pur non anticipando nulla sulle nuove avventure del suo alter ego animato, parla di teatro, dell’essere padre, della sua Roma e l’emergenza ecologica che ci coinvolge tutti.

Presto tornerà a interpretare Olaf in Frozen, film considerato il punto di svolta nella visione dei personaggi femminili nel mondo dell’animazione e in quello Disney, è d’accordo?

Sì è vero. Innanzitutto non c’è una sola donna ma ce ne sono due, di cui una è algida. Sono entrambe molto femminili, sorelle innamorate l’una dell’altra. Non so che sarà di questo secondo capitolo ma la qualità del cartone animato è straordinaria. Raramente ho doppiato protagonisti dei cartoon e quando l’ho fatto, la qualità che veniva presentata era pessima perché erano copie lavoro per evitare spoiler. Quando l’ho rivisto al cinema, con quei colori, il 4K, la qualità straordinaria e la musica perfetta, ho pensato che se me l’avessero fatto vedere così già mentre doppiavo avrei dato ancora di più. Durante il primo doppiaggio, non avevo ancora Martina, non ero papà, invece ultimamente mi è capitato di doppiare di nuovo Olaf in Frozen: Le Avventure di Olaf e l’ho fatto pensando che mia figlia l’avrebbe visto e mi sono commosso. Fiamma Izzo, la direttrice il doppiaggio, è testimone di questa scena, non mi era mai successo nella vita di commuovermi così, ci siamo dovuti fermare, bere un goccio d’acqua e respirare un po’ perché era molto commovente. Gli americani questo lo sanno fare bene, sanno emozionare. Frozen rappresenta

una nuova stagione per i cartoni animati.

Da spettatore, ha paura degli spoiler?

Non molto. Certo, il finale non me lo devi dire, sarebbe come rovinarmi una partita però se il film è fatto bene io mi emoziono pur sapendo come va a finire. In fondo, un film è bello perché ogni volta tu fai finta di non ricordarti come va a finire. E se ci pensi poi, la parola spoiler non ha un corrispettivo italiano, non esiste. Se un film è brutto e mi racconti anche il finale, non lo vedo più, se il film è bello, lo è anche se me lo racconti nei dettagli. Il pubblico è un bambino che va preso per mano e portato nella storia.

Ha dedicato tanto tempo al teatro nell’ultimo periodo. Spesso, quando si chiede agli attori qual è il ruolo più ambito sul palco, rispondono Cyrano De Bergerac. Perché secondo lei?

Credo che sia perchè il Cyrano è il romanticismo fatta persona, chi non vorrebbe fare una serenata in versi in rime baciate ed endecasillabi sciolti? Chi risponde così ama gli spettacoli in costume, vuole sentirsi bambino, vorrebbe essere uno spadaccino. Sono quelli che vorrebbero pensare di non dover strizzare l’occhio alla bellezza perché Cyrano non era bellissimo e poi perché nella storia è stato interpretato dai più grandi attori di teatro e addirittura da un cantante, Domenico Modugno. Io ero suo allievo quando lo interpretò Gigi proietti e l’ultimo che ho visto è stato quello di Luca Barbareschi che non era male. In Cyrano c’è il balcone, il romanticismo, l’innamoramento, un amore incompiuto però profondo e infine una morte, anche scema se vuoi. Ci sono i grandi spazi e c’è la guerra, Nel Cyrano c’è il colpo di scena. Per quanto mi riguarda invece vorrei interpretare tanti altri personaggi, magari qualche testo americano del novecento, oppure Shakespeare o Pirandello. Si, mi piacerebbe interpretare il Liolà di Luigi Pirandello.

Ultimamente ha sempre trovato occasione di parlare della sua città, Roma, e di essere attivista con ironia. Come artista sente una responsabilità diversa nel far sentire la sua voce e influenzare il suo pubblico?

Oggi esiste una professione che sei anni fa non esisteva, quella dell’influencer. Un influencer è sia una persona che in alcuni casi, promuove cose che non prova solo perché prende soldi a parlarne, sia una persona credibile che dice una cosa sensata che può avere proseliti o no. Se io dico che a Roma le cose non vanno, non dico una banalità. A Roma, qualche giorno fa, degli operatori ecologici si sono trovati a raccogliere, vicino ad un centro di accoglienza, dei sacchi neri dove dentro c’erano almeno 150 pasti confezionati e completamente buttati all’interno di piatti plastificati. Come può accadere una cosa del genere a Roma e per di più vicino ad un centro di accoglienza? Io vorrei che queste persone fossero giudicate perché non c’è stato nessuno che abbia avuto un minimo di cuore o di coscienza civile perché bastava fare una telefonata, per donare quel cibo o andare semplicemente alla stazione termini a distribuirlo a chi ha bisogno. Quindi dico, se il mio mestiere ha un senso, non solo come comico ma anche come persona civile, ecco magari le cose vanno dette. L’unica moneta che mi è data a disposizione è quella dell’ironia quindi io posso traghettare argomenti importanti, passando attraverso sempre il linguaggio di ironia altrimenti faccio l’errore di sembrare un Coriolano fuori le mura, cioè di risultare antipatico a qualcuno solo perché dico le cose seriamente. E allora la gente, siccome ti pensa comico, ti vuole per forza burlone ma se hai il linguaggio dell’ironia sei ancora più forte al patto che tu riesca a non farti prendere dall’impeto e trovare la frase incisiva, infilarti negli spazi e per dirla alla Cyrano «ed al fin della licenza io tocco!».