Lo va ripetendo come un mantra da due giorni, l’aria insolitamente seria, in giacca e cravatta. Vi sembra normale che uno spacciatore preso con chili di coca sia condannato a soli due anni di carcere, e addirittura uno che ha ucciso una bambina starà dietro le sbarre per soli cinque anni, mentre si danno tre anni e cinque mesi per una questione di scontrini? Al ministro dell’interno Matteo Salvini brucia la condanna in primo grado del viceministro Edoardo Rixi, ex capogruppo e assessore alla Regione Liguria, coinvolto come la quasi totalità dei suoi colleghi di tutta Italia nei processi sui rimborsi, quelli che la stampa più giustizialista chiama “delle spese pazze”.

La condanna brucia, ma infiamma ancor di più la necessità di chiudere immediatamente l’incipiente polemica interna al governo, quindi far dimettere subito Rixi, con la benedizione dello stesso Salvini, anche onde evitare lo stress della gogna politico- mediatica già subìta dall’ex sottosegretario Armando Siri, solo indagato. Tutto si è svolto in modo rapido. Ma non indolore. Il grido di dolore del ministro ( ma dell’uomo prima di tutto) Salvini è quasi un appello al popolo a scandalizzarsi, a ribellarsi.

Il problema del ministro dell’Interno è che non si ferma mai. Parla di sentenze ( come quelle citate sullo spaccio o sull’infanticidio ) senza soffermarsi sul perché di certe decisioni e delle relative motivazioni. E in modo speculare non spiega che cosa sia questa faccenda di scontrini in cui è incappato il viceministro del suo governo e del suo partito e perché lui ritenga la sentenza ingiusta o comunque sproporzionata la pena a tre anni e cinque mesi di carcere e con interdizione perpetua dai pubblici uffici.

Matteo Salvini è in continua oscillazione, un pendolo un po’ pazzo, quasi uno di un segno zodiacale da sognatore e con l’ascendente da ruvido soldato. Quando parla di spacciatori e assassini, che messaggio vuol veicolare, che si devono aumentare le pene? Se non ne è a conoscenza, dovrebbe averlo saputo dalla sua collega ministro Bongiorno che l’aumento delle pene non è mai stato un deterrente nei confronti della commissione dei reati. È arcinoto che nei Paesi dove esiste la pena di morte viene commesso il maggior numero degli omicidi. Se invece il suo messaggio significasse che vuole maggiore attenzione sui processi che un po’ in tutta Italia stanno coinvolgendo consiglieri ( o ex ) per la questione dei rimborsi, o delle “spese pazze”, per dire che una certa giurisprudenza è quanto meno discutibile se entra in contraddizione con norme e regolamenti ( e anche prassi ) regionali del passato, allora troverebbe un serio sostegno anche in Parlamento da forze politiche di maggioranza e opposizione. Non dai Cinque stelle, sia per motivi ideologici che di disinteresse personale e partitico.

Basterebbe un discorsino facile facile in questo caso. Se stipuli un contratto di lavoro con il quale si sancisce che hai diritto a un rimborso spese e nel corso degli anni presenti regolari ricevute che vengono accettate, è giusto che dieci anni dopo un magistrato sancisca che era tutto illegale? E è opportuno che vengano definite “spese pazze” quelle sostenute regolarmente dal novantanove per cento dei consiglieri, solo perché alcuni ( pochissimi ) ne hanno approfittato?

Salvini questo discorso non lo può fare, sarebbe troppo impopolare nei giorni dell’istigazione all’invidia sociale nei confronti soprattutto dei “privilegi” della politica. Potrebbe allora farne un altro, ancora più significativo e ancora maggiormente impossibile. Potrebbe denunciare pubblicamente il fatto che se Edoardo Rixi ha avuto l’interdizione perpetua dai pubblici uffici e quindi, se condannato definitivamente, non potrebbe più candidarsi né svolgere attività politica all’interno delle istituzioni, questo lo deve alla famosa legge “spazzacorrotti” molto voluta dal governo a approvata dal Parlamento nei mesi scorsi con grande vanto e fanfare. Lo sa il ministro dell’Interno che Edoardo Rixi, dopo un’eventuale condanna definitiva ( che non gli auguriamo) non solo andrebbe in carcere, ma sarebbe trattato come un mafioso o un terrorista, senza neppure poter fruire, come tutti gli altri cittadini delinquenti “normali”, dei benefici previsti dall’ordinamento penitenziario?

La legge “spazzacorrotti” è stata pensata e votata come provvedimento bandiera anti- Formigoni. Infatti l’ex presidente della Regione Lombardia è in carcere, a 72 anni, quasi fosse un mafioso o un terrorista. Ma questa legge rischia oggi di trasformarsi in anti- Rixi. Ci pensi, ministro.