Dialogo, collaborazione, confronto. Sono state queste le parole d’ordine pronunciate dal primo presidente della Corte Suprema di Cassazione, Giovanni Mammone, e dal presidente del Consiglio di Stato, Filippo Patroni Griffi.

Che con i loro interventi hanno ufficialmente scardinato l’idea di contrapposizione tra le due parti. L’auspicio, ha affermato Mammone, è «che l’avvocatura continui a svolgere, con sempre maggiore impegno la sua essenziale funzione libera e indipendente a tutela della collettività e dei diritti dei cittadini». Le riforme che hanno interessato la giustizia nel primo scorcio della 18esima legislatura e i progetti di revisione radicali attualmente pendenti, ha evidenziato, si basano «sul costante confronto» tra gli organi ministeriali da un lato e magistratura e avvocatura dall’altro.

Ma le innovazioni legislative pongono il cittadino di fronte a realtà giuridiche nuove, che «rendono sempre più necessaria la funzione professionale dell’avvocato», chiamato a farsi «interprete e veicolatore professionale del diritto verso la collettività», offrendo assistenza alla parte tutelata, «in modo tale da prevenire la controversia».

Occorre, dunque, «inserire l’avvocatura in una prospettiva sociale ed economica più ampia e affermarne sostanzialmente e quindi giuridicamente la posizione». Il confronto con le parti processuali e i loro difensori rappresenta per il giudice un momento imprescindibile del rendere giustizia, ha concluso, «perché le capacità professionali e l’apporto di conoscenza giuridica degli avvocati sono alla base delle buone sentenze del giudice».

Nel campo della giustizia amministrativa, le recenti innovazioni legislative hanno introdotto un modello nel quale il giudice amministrativo, nel suo ruolo di garante, «trova nell’avvocato un naturale “alleato”, chiamato anch’egli, per intima vocazione, alla “funzione di garantire al cittadino l’effettività della tutela dei diritti”, attuando quel diritto di difesa processuale cui è riconosciuto carattere “inviolabile”».

Una centralità riconosciuta dalla Corte costituzionale, secondo cui «il compito della difesa assume una importanza essenziale» e che pone sullo stesso piano avvocati e procuratori per «il corretto svolgimento della dinamica processuale». Nel procedimento amministrativo, i poteri pubblici «sono soggetti al sindacato ad opera di un giudice, in quanto tale “terzo” ha sottolineato Patroni Griffi sicché è essenziale che in esso sia riportato ad effettive “condizioni di parità” quel rapporto che, nel procedimento amministrativo, è sbilanciato in favore dell’amministrazione».

È dunque fondamentale «la qualità del contraddittorio processuale e, dunque, all’apporto “collaborativo” esplicato dall’avvocato». E la virtuosa cooperazione tra giudici e avvocati, «oltre a favorire l’adozione di una decisione “giusta”», ha una ricaduta di sistema, contribuendo alla «formazione del diritto amministrativo» plasmando «nuove forme di tutela» e colmando «le lacune ordinamentali». I problemi della giustizia sono in gran parte problemi di organizzazione. Fondamentale risulta, dunque, la collaborazione e in tale ambito «si sviluppa una concezione nuova dell’avvocato e dell’avvocatura, non antagonisti del magistrato e della magistratura ma parti imprescindibili non solo del processo, strettamente inteso, ma di tutte le attività serventi e strumentali al processo stesso».