C’è una curiosa sala a Roma, un’altra testimone dell’inspiegabile vitalità resistente dei piccoli teatri della Capitale. L’hanno chiamata la “Bottega degli artisti” ed è un luogo dal gusto eclettico, un poco garage, un poco salotto, tappezzato da quelle carte da parati anni Settanta leggermente scollate che le nonne riattaccavano con la chiara d’uovo. In quest’atmosfera, subito intima, ma potenzialmente gotica, Carmen Di Marzo è l’interprete di WO( MAN), un testo scritto e diretto da Paolo Vanacore.

Giovanna Denne è una donna di quarant’anni nata in un piccolo paese di provincia: un’assassina seriale. Lo spettacolo è il suo racconto sospeso tra presente, memoria e sogno, un unico flusso costruito da un’attenta, avveduta regia su più livelli spaziali e situazionali: l’intervista in carcere, la cella dove sconta il suo ergastolo, l’incontro con il dottore, la dimensione onirica, il passato attivato dalla sabbia di una clessidra.

Giovanna ha una sua numerologia ossessiva, a 14 anni cambia personalità, il 14 luglio scopre per la prima volta il piacere del sangue, dopo aver picchiato il suo compagno e avergli fracassato il naso. La sua efferatezza è anche figlia di un tempo in cui il mondo del web pare offrirle una ribalta, che le dà visibilità ed esalta, forse istiga, la sua violenza.

Prima di diventare un’assassina, la protagonista, che vive a Roma, inizia a lavorare nell’agenzia immobiliare di Gerardo – da lei dominato sessualmente – e si occupa di recupero crediti con metodi poco ortodossi. Presto sviluppa una vera e propria sete di sangue e lascia dietro di sé un imprecisato numero di vittime.

Carmen Di Marzo sa nascondere e insieme suggerire nello sguardo il mistero di questa donna che si propone come l’abisso stesso del male. L’impostazione realista della recitazione, attenta al dettaglio, alla mimesi di un linguaggio sconnesso e di un annebbiamento chimico fatto di tic, di balbuzie, di schiocchi di lingua, d’impressionanti accendimenti è uno dei tratti più interessanti del lavoro e lo avvicina a un documentario per la precisione, ma anche per la disposizione interrogativa che suscita nello spettatore. Per mettere a punto alcuni aspetti psicologici del personaggio, l’interprete ha potuto usufruire della consulenza tecnica della criminologa Raffaella Bonsignori.

La regia riesce a planare con leggerezza sulla scabrosità della storia grazie a un disegno lineare, capace di creare le giuste variazioni, e – merito anche della drammaturgia – di volare con fluidità sul filo delle vicende come una spola che corre tra un confine e l’altro del tempo tessendo il racconto.

Le musiche originali di Alessandro Panatteri si integrano perfettamente con i diversi respiri dell’attrice e con la varietà dei piani drammaturgici.

Giovanna Denne, come si può intuire dal titolo, WO( MAN), assume su di sé le peggiori devianze dell’essere umano, uomo o donna che sia, e diventa una metafora di una pura malvagità difficile da comprendere, spiegare. Carmen Di Marzo cerca di scalfire, in certi momenti della sua interpretazione, questa maschera di crudeltà, di restituire al personaggio, se non umanità, quantomeno la giusta profondità, dentro cui poter sperare che, anche nel caso della sanguinaria Giovanna, la società possa trovare vie di rieducazione, fessure di luce, in un’anima che qualcosa, chissà cosa, ha reso maledetta.