Ho deciso di scrivere perché l’argomento mi sta a cuore: il femminismo, partendo dall’articolo di Rossana Rossanda pubblicato dall’Espresso. Nell’agorà dei social scrivo spesso su questo argomento, molto spesso in modo duro e critico. Ci vuole un nuovo femminismo? Sì e no. È sicuramente necessario che noi donne, non solo in Italia, “ci diamo una ricca svegliata”. Lo dico soprattutto alle donne che sono nelle istituzoni. Ho letto Rossanda sul femminismo e alle donne che fanno politica dico: svegliatevi, stiamo arretrando

Da tanto tempo che non scrivevo un articolo. Sono nella mia casa di Francoforte, dolce e accogliente, fuori c’è un sole freddo, ma sempre sole è. Ho deciso di scrivere perché l’argomento mi sta a cuore: il femminismo, partendo da un articolo di Rossana Rossanda “Manifesto per un nuovo femminismo” uscito su l’Espresso e la risposta di Angela Azzaro uscita su questo giornale. Chi mi conosce e condivide con me l’agorà dei social, sa che scrivo spesso su questo argomento, molto spesso in modo duro e critico.

Ci vuole un nuovo femminismo? Sì e no. È sicuramente necessario che noi donne, non solo in Italia, “ci diamo una ricca svegliata”, questo sì. Rossana Rossanda, una maestra per la mia generazione, prova a partire dalla maternità, lo fa con sapienza e profondità, come è il suo stile; Angela Azzaro le risponde con altrettanta serietà cercando di cogliere nelle parole di Rossanda spunti interessanti, come per esempio il fatto che non si può ridurre tutto a gogne, sanzioni, vincoli, divieti e vittimismo. Sono d’accordo con loro, e per questo mi permetto di allargare il discorso.

Non credo che “basti” ripartire dal maternità per affrontare il tema in questione. E’ vero, verissimo che, come dice Rossanda, «la cultura maschilista non è altro che la divisione gerarchica tra uomini e donne», che il potere patriarcale è un fatto e che le donne, complici, si sono accontentate del «sotto potere, quello familiare». È anche vero che non siamo ferme qui, o meglio, questo dato di realtà ha oggi sfumature diverse, anche più subdole e dobbiamo cercare di contrastarlo in modo nuovo. Non sono appassionata di “nuovismo” ma i tempi sono cambiati e bisogna attrezzarsi. C’è qualcosa di antico “nell’ordine patriarcale”, ma la “finta uguaglianza” ci ha fatto abbassare le difese e ci siamo fermate nella costruzione degli anticorpi. Sì, ci siamo fermate e stiamo tragicamente arretrando, noi donne, non gli altri, non ( solo) gli uomini. Nella vita pubblica intesa come piazza pubblica, c’è stata e c’è una vera e propria guerra, dentro e fuori il web, nei confronti di donne che volevano e vogliono conquistare la scena e il potere. È iniziata molti anni fa, e con Angela Azzaro abbiamo tentato di contrastarla quando, per esempio, negli anni del governo Berlusconi del 2008, cominciarono gli attacchi feroci a Carfagna, Gelmini, a donne di destra che stavano conquistando la scena politica. Dicevamo “attenzione che questa cosa riguarda tutte, non solo le donne di destra”. Non siamo state ascoltate, e puntuali come la grandine sono arrivati gli attacchi ferocissimi alle donne di sinistra che hanno governato negli anni passati. È la libertà femminile che fa paura, è quell’ordine che abbiamo faticosamente cercato di contrastare che viene difeso con le unghie e con i denti, come ci direbbe Alessandra Bocchetti: io comando, tu obbedisci, e non è una caricatura, è l’ordine gerarchico.

La scena pubblica - come il linguaggio costruisce il simbolico - bisogna tenerla presente. Devono fare attenzione le donne che sono sulla scena pubblica, e dobbiamo fare attenzione noi altre, tutti i giorni. C’è una cosa che fotografa questo momento: le donne nei partiti, tranne qualche rara eccezione, sembrano aver accettato di ritirarsi, per dirla alla Rossanda, nel sottopotere della famiglia/ partito e come all’età della pietra mandano gli uomini avanti a combattere una battaglia politica al grido “Wilma dammi la clava”. La distruttività di tutto questo è sotto i nostri occhi. Care donne politiche che siete nelle istituzioni, svegliatevi, ve lo dico con affetto. Fate dieci passi avanti, non un passo indietro. Ma una cosa voglio dirla a noi tutte care amiche: attenzione alla trappola del vittimismo, attenzione ad inseguire quel ruolo di vittime che non fa altro che mantenere lo status quo. Sempre Alessandra Bocchetti ci dice che il vittimismo non ha la forza di un soggetto politico: la figura della vittima è debole per eccellenza e non è chiedendo risarcimenti che si cambia la storia. La storia si cambia con la forza, non con la debolezza. La forza femminile è una forza diversa da quella degli uomini, è a quella che ci dobbiamo appellare. Dobbiamo insegnare alle donne più giovani a costruire un altro ordine, innanzitutto dentro di loro, insieme ai loro compagni, dobbiamo insegnare alle giovani donne a nutrirsi della forza delle altre donne, tanto quanto hanno fatto gli uomini nella storia.

Un’ultima cosa la voglio dire a voi, cari uomini.

Capisco che non è facile rinunciare a vivere e imperversare in questo ordine patriarcale e gerarchico, lo capisco davvero. Ma oggi se vogliamo riassestare questo nostro mondo è necessario che ciascuno faccia la sua parte: quell’ordine non regge più, soprattutto è terrificante. Siete disposti a mettervi in gioco? Chi vi scrive non pensa che gli uomini siano tutti cattivi, come sa che le donne non sono tutte buone. Siamo chiusi dentro delle gabbie, dobbiamo liberarcene sia noi che voi. È utopia? Non so. Vi parlo dalla casa che condivido con la donna che ho sposato. Qui in Germania ho conquistato un diritto, quello all’indifferenza verso il mio orientamento sessuale. Quando sono qui dimentico di essere lesbica. Per molti questa, ancora oggi, sembra essere una utopia.