A oggi 230 persone sono in sciopero della fame per scongiurare la chiusura di Radio Radicale. Tra loro Rita Bernardini, che da 37 giorni assume solo liquidi, e Maurizio Bolognetti, avamposto del Partito Radicale in Basilicata, che non mangia da ben 78 giorni. Bolognetti ha iniziato il digiuno di dialogo il 27 febbraio. Pesava 70 chili e mezzo, oggi 18 di meno. In passato aveva già affrontato una esperienza simile: 42 giorni di digiuno insieme ad altri compagni radicali a favore della campagna per “Amnistia, giustizia e libertà”.

Ora potrebbe raggiungere il record di Marco Pannella che nel 2011 digiunò per circa tre mesi. In queste ore, la forza della nonviolenza pannelliana vive, nella quasi totale indifferenza mediatica, nell’azione di Maurizio Bolognetti con il suo volto scavato e il corpo denutrito.

Il suo nutrimento da oltre due mesi e mezzo consiste in tre cappuccini al giorno e molta acqua ma adesso anche di qualche flebo di glucosio e soluzione fisiologica per due motivi: «La prima volta – ci racconta – per corrispondere al “troveremo” pronunciato dal vicepremier Di Maio e la seconda volta alla Consulta Nazionale dei Presidenti dell’Ordine dei giornalisti e alle parole di Carlo Verna che tra l’altro, riferendosi a Radio Radicale, ha dichiarato: «Un Paese civile non spegne una voce di libertà».

Quando gli chiedo delle condizioni fisiche risponde: «Quattro medici mi ripetono già da settimane che avrei dovuto interrompere lo sciopero della fame. Ora sono infatti in una fase critica. Uno di loro mi ha scritto preoccupato “stai correndo grossi rischi. Controlla la funzionalità renale e cardiaca”».

Sua moglie Antonietta, sempre accanto a lui in anni di dure lotte radicali nella difficile terra lucana, è in ansia per la sua salute, ma allo stesso tempo ci dice che è convinta delle ragioni a cui Maurizio sta dando corpo. «Come posso rassegnarmi quando la nostra democrazia è in pericolo? Con questo Satyagraha sto dando corpo alla mia, alla nostra fame di democrazia, di giustizia, di verità. Da 78 giorni sto opponendo alla violenza di coloro che vorrebbero spegnere le frequenze il diritto di un popolo a poter conoscere per deliberare, l’esercizio di un dialogo nonviolento attraverso lo sciopero della fame».

Bolognetti però ci tiene a sottolineare: «Non stiamo ricattando il governo ma stiamo difendendo un diritto con questo digiuno di dialogo. Non nutriamo rabbie e nervosismi ma amore per il dialogo e per le cose per cui lottiamo. Io non sono arrabbiato e dico che in questa lotta stiamo incontrando tanti compagni, parola meravigliosa che significa “colui che mangia il pane con un altri”. Si dà corpo alla fame di conoscenza, a un dato di resistenza e si lotta per impedire che quel ininterrotto flusso di conoscenza, con cui da 43 anni Radio Radicale nutre la democrazia del nostro Paese, venga interrotto».

E la fotografia che del nostro Paese scatta Bolognetti è impietosa: «Vogliono nutrirci di odio e violenza a colazione, pranzo e cena, vogliono arrapare la gente con la libidine della violenza». Al contrario, propone Bolognetti, «Perché non dedicare anche solo il 20 per cento del tempo che la televisione concede alla cronaca nera ad approfondimenti sulla giustizia e sull’ecologia, per esempio?».

Per fortuna allora che c’è Radio Radicale con le sue decine di rubriche «grazie alle quali i cittadini possono abbeverarsi alla fonte della conoscenza». E a quelli che come il premier Conte sostengono che la Radio va messa sul mercato, Bolognetti risponde così: «Il diritto all’informazione e alla conoscenza non è una merce, è la fonte primaria di libertà di una democrazia».

Bolognetti si dice sicuro che anche il presidente della Repubblica Mattarella condivida il merito di questa lotta nonviolenta perché proprio nel 2015 scrisse: “La conoscenza - e il diritto alla conoscenza - è un tema emergente della nostra epoca, che merita attenzione a livello dello stesso sistema delle Nazioni Unite”. Tuttavia, denuncia amaramente Maurizio, «è scandalo un corpo smunto e smagrito.

Verrebbe da dire che la nonviolenza fa paura e va nascosta. Una iniziativa nonviolenta nel silenzio muore. Eppure, “Giacomo Matteotti dice che la libertà è come l’aria. Finché c’è, nessuno se ne accorge. Ma se manca è come se mancasse la vita. Parafrasando Matteotti, si potrebbe dire che i diritti che difendiamo e la democrazia sono aria».

Gli chiediamo quando porrà fine a questo sciopero: «Non posso che dire che non mollo, fermo restando che in me, in noi non alberga alcun spirito di martirio o di suicidio. In questo mi ispiro ad Ernesto Rossi che fece 13 anni di galera per combattere il fascismo e che come strumento di lotta clandestina diede vita al giornale Non Mollare ».

L’ultimo pensiero va a Conte, a Di Maio e al sottosegretario Crimi: «Trovate la forza necessaria per comprendere che state commettendo un errore. Comprendere questo sarebbe dimostrazione di forza non di debolezza, sarebbe un passo avanti nella direzione giusta, cioè onorare il diritto alla conoscenza. Per noi non è una gara, non un braccio di ferro ma un con- vincere per vincere insieme».