«Spero ancora in una vittoria dei poli più razionali e federalisti dell'Unione europea, possibile se socialisti, liberal democratici e conservatori sapranno sfruttare questa opportunità elettorale, anche se temo fortemente che i partiti radicati nel più convinto nazionalismo etnico potranno accedere a una parte consistente di voti. Queste elezioni costituiscono un pericolo molto serio per la tenuta stessa dell'Ue».

Nel suo nuovo saggio, Orbanismo. Il caso dell’Ungheria: dalla democrazia liberale alla tirannia ( Castelvecchi Editore), la filosofa ungherese di origini ebraiche Ágnes Heller racconta l'ascesa di Viktor Orbán alla guida del suo Paese d'origine e, nel farlo, apre spiragli inquietanti sul futuro prossimo dell'Unione europea, segnato dalle istanze di un fervente nazionalismo etnico e da un sovranismo ormai diventato di respiro internazionale. Un futuro che si schiude all'indomani del 26 maggio, quando i paesi dell’Ue rinnoveranno l’europarlamento.

Heller, qual è la differenza tra populismo e nazionalismo etnico?

Nonostante spesso vengano erroneamente confusi e scambiati, questi due termini possiedono connotazioni alquanto diverse. Il populismo è contrassegnato dall'appoggio della popolazione contro le classi abbienti del proprio Paese, mentre il nazionalismo etnico rivolge il proprio risentimento verso “nemici” esterni ( migranti, Unione europea, ecc.). Il governo venezuelano costituisce, in questo momento, un chiaro esempio di governo populista e demagogico.

Cos'hanno in comune, in relazione alla situazione politica e sociale, la Polonia e l'Ungheria?

L'Ungheria e la Polonia non hanno mai conosciuto una salda tradizione democratica e sono oggi guidate da espressioni differenti di tirannia. In Polonia, tuttavia, rispetto a quanto avviene in Ungheria, trova spazio una maggiore mobilitazione popolare in favore della difesa della democrazia. Per queste elezioni europee, giusto per fare un esempio, l'opposizione polacca, a differenza di quella ungherese, si presenterà unita.

Orbán parla del proprio governo come di una democrazia illiberale. Non si tratta di una contraddizione in termini?

Orbán stesso ha definito “illiberalismo” il proprio programma. Il suo governo è illiberale in quanto mancano le libertà civili, le istituzioni cosiddette liberali e la divisione dei poteri, mentre al tempo stesso è una democrazia poiché eletto attraverso il voto della maggioranza. Tutto qui. Molti altri governi, eletti dalla maggior parte dei cittadini, hanno tracimato nella tirannia, basti pensare a Erdogan in Turchia o Putin in Russia.

A suo avviso, Fidesz, il partito di Orbán, sarà riammesso nelle fila del Ppe, da dove era stato espulso a marzo?

Difficile dirlo. Il Ppe è opportunista e potrebbero fargli comodo i voti di Fidesz ma, al tempo stesso, teme il partito di Orbán per la sua componente profondamente razzista e autoritaria.

Dopo i migranti, quale sarà il prossimo nemico dei nazionalisti?

È facile rispondere, in quanto il nemico comune è e rimarrà Bruxelles. Finché non otterranno il controllo di Bruxelles, tuttavia, i nazionalisti avranno bisogno di un altro nemico, rappresentato di volta in volta da altri Stati nazionali, proprio in aderenza ai presupposti fondanti del nazionalismo etnico.