Sui social non si parla d'altro. Da tre giorni i naviganti di sinistra si confrontano si azzuffano si esaltano per la battaglia della Mostra del Libro. La questione lacera, divide, foraggia istinti militanti: si può partecipare a una fiera del libro alla quale partecipano, come sempre ma sino all'anno scorso pare che non se ne fosse accorto nessuno, case editrici dichiaratamente neofasciste? C'è chi diserta perché ' Mai vicino ai fascisti', chi invece resta per ' presidiare il territorio' senza abbandonare il campo al ' nemico', neppure fosse l'università di Madrid nel 1937, chi si affida a sprazzi situazionisti di fantasia e lascia lo stand vuoto con solo uno striscione ' Stand against Fascists'.

Inevitabilmente nel divampare un bel po' salottiero del dibattito spuntano in continuazione riferimenti a quella XII ' Disposizione transitoria e finale' della Carta che vieta ' la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista' e alla legge attuativa di quella disposizione, presentata dall'allora ministro degli Interni Mario Scelba, l' ' uomo forte' della Dc. Si tratta di una materia complessa, delicata e piena di sfumature, debitamente affrontate sia dai Costituenti che dalla Corte costituzionale. Vederla ora brandita come una clava fa un certo sconfortante effetto. Un elemento va però chiarito: pur trattandosi di una ' disposizione transitoria' la norma, per consenso pressoché unanime, ha valore permanente. Transitorie andavano considerate le limitazioni all'elettorato attivo e passivo degli ex gerarchi, non il divieto di riorganizzare il Pnf. In Costituente il dibattito tra sulla disposizione, essenzialmente fra tre ' padri della patria' come Lelio Basso, Giuseppe Dossetti e Palmiro Togliatti si concentrò su due elementi: se si dovesse estendere il divieto a tutte le organizzazioni antidemocratiche, come sosteneva Basso con l'opposizione ferma di Togliatti, che temeva chiaramente una possibile applicazione futura del divieto al Pci e cosa si dovese intendere per ' riorganizzazione' del Pci. Il primo punto fu risolto senza ambiguità: la disposizione riguarda solo ed esclusivamente il partito fascista. Sul secondo punto, delicatissimo perché in potenziale contrasto con le norme costituzionali sulla libertà di espressione, l'esito fu più ambiguo. La definizione di Togliatti sembra far prevalere l'aspetto concretamente organizzativo: ' Il movimento e il partito fascista sono determinati storicamente, se ne conoscono il programma, l'attività, l'azione, i quadri; se un partito sorgesse con simili manifestazioni sarebbe facile riconoscere in esso il partito fascista'. Nel complesso le sfumature del testo lasciano aperte le porte a diverse interpretazioni. Si specifica il riferimento al ' disciolto' partito fascista, aggiungendo però ' sotto qualsiasi forma'. Si decise di scrivere ' del' partito fascista invece che ' di un' partito fascista e la differenza è evidente.

A chiarire le cose fu la Corte costituzionale, nella sentenza del 16 gennaio 1957 sulla legge Scelba che introduceva il reato di ' apologia del fascismo'. La Consulta, presieduta dall'ex capo dello Stato Enrico De Nicola stabilì che non si può parlare di apologia quando le manifestazioni si limitano a ' una difesa apologetica' del fascismo ma solo in presenza di una ' esaltazione tale da poter condurre alla riorganizzazione del partito fascista', di una ' istigazione a commettere un fatto rivolto alla detta riorganizzazione'. Su questa base Giorgio Pisanò è stato più volte assolto dall'accusa di aver cercato di rifondare un partito fascista con il suo movimento ' Fascismo e Libertà'. Ma che la posizione dei costituenti e dei leader della nascente Repubblica fosse improntata a un antifascismo fermo ma ragionevole è dimostrato dai fatti ancor più che dalla dottrina giuridica. La prima legge che vietava la ricostituzione del partito fascista è del 3 dicembre 1947. Esattamente un anno prima era nato il Movimento Sociale Italiano, il cui richiamo alla repubblica sociale di Salò era esplicito già nel nome e nel simbolo, che secondo una vulgata mai confermata ma sempre diffusa raffigurava la fiamma tricolore sprigionata dalla bara del duce. Tra i fondatori il più prestigioso era peraltro Pino Romualdi, che doveva peraltro almeno in parte la sua fama alla voce che lo voleva figlio naturale di Mussolini. Nessuno pensò di chiederne lo scioglimento e se è vero che molti dei suoi esponenti, tra cui Evola, Graziani e Rauti, furono arrestati nel 1950 per aver tentato di ricostituire il partito fascista, lo furono perché sospetti di far parte dei Far- Fasci di azione rivoluzionaria Legioni nere, i quali oltre a parlare tiravano bombe.