«Notre- Dame? È un falso storico, una grande scenografia. Tutta questa retorica è insopportabile». Vittorio Sgarbi fa Vittorio Sgarbi e, come sempre, si sgancia dalla retorica del mainstream, dal pianto disperato di fronte all’opera divorata dalle fiamme, dalla scena apocalittica che ha portato migliaia di mani sulle bocche aperte. Non c’è tragedia, dice, nel fuoco che ha tenuto ostaggio la cattedrale per ore, tradotta in tragedia del cristianesimo dagli osservatori. Un danno riparabile che non diventerà mai una data da ricordare. «Il cristianesimo qui non ha patito alcun danno - racconta Sgarbi al Dubbio - Anzi, semmai ha ottenuto un incremento di virtù, perché le persone hanno pregato e hanno ottenuto, se Dio esiste, la grazia dell’edificio salvo. È insopportabile vedere tutti questi sciacalli piangere la fine del mondo cristiano: non è finito nulla».

Onorevole, lo storico dell’arte Arturo Carlo Quintavalle ha paragonato Notre-Dame alla Cappella Sistina…

Non c’è paragone, come non c’è con la Basilica di San Pietro, dove c’è Michelangelo. Quello che è avvenuto non ha distrutto opere capitali, questo è un fatto positivo. La tragedia è stata sfiorata, ma non c’è nulla che si sia perso che fosse nella memoria di qualcuno come bene imperdibile.

Non è una catastrofe?

Non è una data che rimarrà nella storia come hanno detto molti commentatori nell’immediatezza. Non è niente, perché non c’è un morto, non c’è un attentato, non c’è un’azione dolosa. Sostanzialmente è un incidente che può capitare a chiunque e se tu hai la casa incendiata e sei vivo ricordi quell’occasione più come positiva che negativa.

In che senso positiva?

Si tratta in realtà di una rinascita, di una ricostruzione che l’edificio attendeva e che fa parte della sua storia. Quella di Notre- Dame è una storia di ricostruzione, è un falso storico, una grande scenografia. Era il Nome della Rosa. Non abbiamo perduto opere di grande significato, anzi, è stato salvato il perimetro dei muri: possiamo ripartire da lì.

Macron ha parlato di un terribile dramma e della Cattedrale come l’epicentro della vita francese… ha esagerato?

Non avrebbe dovuto piangere un lutto per una morte, doveva annunciare solo la resurrezione del restauro. Una rinascita in un periodo pasquale è la metafora migliore per questa vicenda. Ieri sera (lunedì, ndr) vedevo in televisione tutti questi sciacalli dire che è finito il mondo cristiano: una retorica insopportabile! Tutto questo mentre alcuni devoti pregavano ottenendo, se Dio esiste, la grazia che l’edificio si salvasse. Anche il fuoco appartiene alla storia. Abbiamo ricostruito la Fenice, il Petruzzelli, la Cattedrale di Noto, il Duomo di Venzone, il Duomo di Gemona, una quantità enorme di edifici. È nel loro destino.

Ma com’è possibile che sia accaduto?

Evidentemente l’impalcatura utilizzata per il restauro ha ottenuto l’effetto opposto, perché si è rivelata una distruzione. Ci saranno stati dei cavi elettrici che hanno determinato il corto circuito da cui è partito l’incendio per il tetto, però è evidente che anche questo non è prevedibile, perché quando monti una struttura elettrica mobile su un’impalcatura per un restauro non ti viene in mente che la prima cosa che capita è un corto circuito. Se non avessero fatto il restauro non sarebbe accaduto, quindi in questo caso ha danneggiato il bene piuttosto che salvarlo.

È possibile recuperare quanto è andato distrutto?

La guglia che è crollata era della seconda metà dell’ 800 ed è facilissimo ricostruirla. È una tragedia morale, ma tutto è riparabile. Non avremo il lutto di un’opera perduta nella sua autenticità, ma del teatro di Viollet- le- Duc, che aveva fatto una ricostruzione di un mondo mentale attraverso alcuni falsi che, però, rendevano l’effetto scenografico. È come quando smonti una scenografia di Cinecittà: non c’è crimine, perché bene o male è una ricostruzione teatrale e questo è stato Notre- Dame e questo sarà per l’avvenire, quando verrà ricostruita, secondo lo stesso principio.

C’è una bella differenza tra la scenografia e l’accostamento all’ 11 settembre, come alcuni hanno fatto...

C’è troppa retorica nell’affrontare certi eventi, perché la gente è fragile psicologicamente e preferisce piangere invece che cercare una soluzione. Ieri, mentre guardavo l’incendio, mi auguravo che lo spegnessero e che una volta spento ricominciasse la ricostruzione, tra l’altro con i contributi dei milionari che hanno promesso cifre più che sufficienti per il restauro. E questo è un altro aspetto positivo: prima i soldi non c’erano adesso ci sono. La reazione emotiva, alla fine, risulterà utile. I finanziamenti annunciati sono quelli che l’edificio aspettava e che ha finalmente avuto con il trauma di questo incendio. Però questo evento non passerà alla storia come una data spartiacque tra due epoche. Quello che abbiamo visto è un momento molto spettacolare, che la televisione ha contribuito a rendere universale. Tutto il mondo lo ha visto, ma questa, nella sostanza, è schiuma. Ora ricomincerà il restauro, sarà più radicale ma comunque, nell’arco di qualche anno, l’edificio verrà restituito com’era prima.

C’è chi dice che dovrebbe vergognarsi per queste parole...

La gente inventa tragedie che non ci sono, catastrofi, evoca la fine del Cristianesimo... Il Cristianesimo, qui, non ha patito alcun danno. Anzi, semmai c’è stato un incremento di virtù, perché le persone hanno pregato. Faccio fatica persino a seguire il discorso demente di chi vuole per forza inventare contrapposizioni e conflitti che non ci sono, in nome di una religione che così si può solo mortificare.