«Mi preoccupa questa deriva di ultradestra a livello europeo». All’indomani di uno dei più infuocati Consigli dei ministri della storia del “cambiamento”, Luigi Di Maio alza i toni contro l’alleato di governo. Nel mirino del capo politico finiscono le «forze politiche che faranno parte del gruppo con cui si alleerà la Lega, che addirittura, in alcuni casi, negano l'Olocausto», dice con precisione chirurgica il ministro del Lavoro.

Complice la campagna elettorale per le Europee, le posizioni tra i due partiti tendono a divaricarsi ogni giorno di più, ma proseguire un’alleanza in un clima di profonda diffidenza reciproca non sembra affatto impresa semplice. Di Maio ora si dice preoccupato per i compagni di strada che il Carroccio ha scelto in Europa, partiti che «sono usciti dal Parlamento quando si commemorava la strage dell'Olocausto e quello che hanno fatto nei campi di concentramento».

Ma questa è solo l’ultima di una serie di bordate che ormai quotidianemente Movimento 5 Stelle e Lega si lanciano in modo reciproco. Poche ore prima era toccato a Salvini stuzzicare l’alleato. «La Lega abbagliata dal potere? Non ho tempo da perdere con polemiche inesistenti», aveva detto il ministro dell’Interno, commentando parole attribuite a Luigi Di Maio. «Ho sempre detto che tutte le vittorie che abbiamo ottenuto a livello locale non avrebbero mai cambiato nulla a livello nazionale, non ho mai chiesto mezza poltrona in più, mezzo sottosegretario o consigliere di amministrazione in più», prosegue il vice premier del Carroccio. «Semmai è un problema di chi lo pone», dice. «Andiamo quindi avanti tranquillamente con la nostra squadra».

A furia di farsi la guerra, però, ai leader dei due partiti di maggioranza potrebbe sfuggire di mano la situazione. Di Maio, a modo suo, se ne rende conto e prova a richiamare alla compostezza il socio di governo. «Lo ripeto ancora una volta: lavoriamo bene insieme proprio quando si tratta di lavorare sulle cose concrete», spiega il ministro del Lavoro e dello Sviluppo economico a chi gli chiede un commento sul braccio di ferro col Carroccio. I problemi, secondo Di Maio si presentano «quando parliamo di legge sull’aborto, scontri ideologici o forse quando si comincia a parlare tramite dichiarazioni di stampa e non guardandosi negli occhi». Ciò che per i pentastellati è davvero inaccettabile è uscire da un consiglio dei ministri e leggere dichiarazioni sui giornali poco concilianti. «Insieme al Mef abbiamo approvato un decreto sulla crescita che è veramente importante. Abbiamo trovato le soluzioni tecniche per aiutare le imprese. Usciamo da lì ed escono fuori queste dichiarazioni come “Non si blocchi il Paese”», prosegure Di Maio. «Io ci stavo lì ieri, quattro ore a lavorare sul Decreto Crescita. Oggi lavoreremo a mettere a punto le norme. Poche parole e affrontiamo questo momento con il massimo della serietà e non con slogan, al solito: “Si blocca il Paese”, “troppi no”».

Salvini recepisce il messaggio e sceglie parole di elogio nei confronti del collega M5S: «Sta facendo un lavoro incredibile e sono contento di essere in squadra con lui», dice, riferendosi a Di Maio. Ma è solo una premessa conciliante prima dell’affondo: «Domani vado a Verona a inaugurare il Vinitaly e vorrei che la Brescia- Verona- Vicenza aprisse i cantieri domani», scandisce il ministro dell’Interno. «Però al ministero delle Infrastrutture ci stanno ragionando. Non vorrei che stessimo ragionando da troppi mesi su troppi cantieri», è la nuova dichiarazione di guerra, consegnata dal leader del Carroccio, mettendo nel mirino Danilo Tonielli.

E mentre i due vice premier se le danno di santa ragione, il ministro dell’Economia, Giovanni Tria, osserva la contesa da lontano per non rimanere stritolato nella morsa. Anche se oggi tutti si dichiarano fiduciosi nei confronti dell’operato del Tesoro, l’inquilino di via Venti Settembre sa bene di doversi guardare le spalle. A “vegliare” su di lui ci penserà il Colle, sponsor e tutore dei conti in ordine e di Giovanni Tria.