Contrordine “compagni”. Il governo, sì, sta messo maluccio e uno scontro al giorno non toglie certo il “medico” di torno. Ma chi pensa che verrà giù tutto dopo le Europee perché Matteo Salvini, dopo aver fatto il pieno, staccherà la spina e chiederà le elezioni anticipate rischia di restare deluso. D’accordo, c’è uno scontro al giorno ormai tra lui e Luigi Di Maio. Innanzitutto perché, anche se non è stata valutata o voluta valutare bene questa cornice da molti osservatori, sono le prime Europee dove due forze non semplicemente alleate ma contraenti di un governo inevitabilmente dovranno anche scontrarsi per esaltare le proprie diversità, dal momento che si viene eletti con il proporzionale.

Ma a parte questa premessa, entrando nel vivo dello scontro quotidiano di governo, il ministro dell’Interno, come spiegano fonti di rango leghiste, vede ancora in questo esecutivo «più vantaggi che svantaggi per lui e la Lega». Anche se nella Lega ci sono personaggi come Giancarlo Giorgetti, il potente Richelieu padano, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, “contraltare” del premier Giuseppe Conte, che sembra incomincino a vedere, al contrario, più svantaggi ( su economia, Tav, autonomia) che vantaggi. E soprattutto il rischio di essere tirati giù dall’ “atosquagliamento grillino”. Ma “il Gianka”, come lo chiamano in Lega, attenzione, è da sempre un vero soldato «persona perbene e leale e chi pensa che farà qualcosa contro Matteo, è uno scemo», spiega chi lo conosce da sempre. Giorgetti, insomma, è vero uomo di partito, «conosce la disciplina di partito». Soprattutto un partito che Bossi costruì sul modello del Pci, «l’ultimo partito leninista», che però Salvini sta radicando in tutto il territorio nazionale, come anche il grande successo in Basilicata dimostra.

Quindi, la strategia resta quella di non staccare la spina, anche per impedire eventuali «trappoloni di governi giallo- rossi», spiegano nella Lega. Si tratta allora di aspettare, diventare sempre più forti, «comandare davvero noi al governo». E intanto rimodellare il centrodestra, l’altro forno di un possibile nuovo governo del futuro, a proprio vantaggio. Non è casuale che ieri Salvini abbia fatto due uscite di “centro”, “moderate” termine che a lui farebbe venire l’orticaria, come quella su Ramy che oggi riceverà al Viminale con i ragazzi dello scuolabus, e come l’aver ribadito che sui temi laici del divorzio e aborto c’è libertà di scelta. Dice il “capitano” leghista e vicepremier rispondendo ad accuse sulla proposta di legge di un suo esponente e sul Forum di Verona: «Polemiche inesistenti. Noi tuteliamo le famiglie italiane. Ma divorzio, aborto, parità di diritti tra donne e uomini, libertà di scelta per tutti non sono in discussione». Certo soprattutto dichiarandosi favorevole, correggendo la posizione non felicissima dell’altro giorno, alla cittadinanza per Ramy, Salvini replica a Di Maio e a quella che per i leghisti ormai «è una svolta di Di Maio a favore dell’ala dura e pura del Movimento, pur di non essere licenziato». Ma Salvini risponde con un’altra astuta mossa delineando di fatto un centrodestra del futuro e quindi per forza di cose già da ora iniziando a “centrizzare” o “moderare” la sua Lega pigliatutto.

Perché, come i leghisti ripetono all’unisono, «lui ad Arcore ad essere comandato non vuole più tornare e ha le scatole piene di certe nomenclature azzurre, comunque se deve parlare con qualcuno di loro preferisce farlo sempre con Silvio». Insomma, Salvini non vuole tornare alla riedizione del vecchio centrodestra e semmai il centro del centrodestra intende inglobarlo nella sua Lega. Sembrerebbe una strategia perfetta. E invece, no, intanto perché il Cav continua a resistere con Fi a due cifre. Ma, soprattutto perché ora il vero timore dei leghisti è un altro, che siano invece i 5 Stelle a voler staccare la spina. O tentando l’avventura di un governo giallo- rosso (“Cosa molto difficile”), oppure anche «scegliendo il Movimento delle origini e tornare così all’opposizione per rifarsi la verginità. Anche questo non è escluso», sospira l’interlocutore leghista. Perché in tal caso certo da “Silvio” si dovrà tornare.