A distanza di 24 ore dall’incendio dello scuolabus a San Donato Milanese, si è arrivati a un quadro preciso della dinamica.

Ousseynou Sy, l’autista del pullman, avrebbe fatto salire sul mezzo i 51 studenti di seconda media per riportarli a scuola dalla palestra dove fanno ginnastica. Sono le 11.20 del mattino e l’uomo, invece di dirigersi a scuola, imbocca la Paullense in direzione Linate. Il giorno prima ha acquistato una tanica da 10 litri di benzina e un mazzo di fascette di plastica da elettricisti. Ferma il bus, lo cosparge di benzina e ordina ai professori di legare i ragazzi con le fascette, dopo aver preso loro tutti i cellulari. Gli insegnanti, però, hanno raccontato di aver stretto le fascette in modo più largo agli studenti in fondo allo scuolabus. L’autista è armato di coltello e pretende che uno dei ragazzi si sieda vicino a lui, poi riprende a guidare verso l’aeroporto. A quel punto uno dei ragazzi, Rami, di origine egiziana, ha un cellulare nascosto nella giacca e si libera dalle fascetta grazie al suo amico Riccardo. Chiama il 112 e chiede aiuto e lo stesso fa anche un terzo ragazzo, che telefona invece ai genitori.

Alle 11.50 scatta l’allarme e vengono allertate le stazioni dei carabinieri vicine, la protezione civile, la torre di controllo di Linate e i vigili del fuoco. In dieci minuti due pattuglie intercettano lo scuolabus e vengono speronate dall’autista, che viene però fermato da altre tre pattuglie, che si mettono di traverso e bloccano la strada.

Sy, a quel punto, è costretto a fermarsi. Due carabinieri si avviciano e lui agita un accendino intimando loro di andarsene, “Altrimenti brucio tutto”. Altri tre militari, intanto, raggiungono il retro del pullman e sfondano con l’aiuto dei ragazzi il vetro posteriore. I giovani iniziano a uscire tra le urla e l’autista ha ormai perso il controllo della situazione: appicca il fuoco al mezzo con l’accendono e le fiamme iniziano a bruciare quando ancora alcuni studenti stanno lasciando il mezzo. Alla fine, lo scuolabus rimane completamente carbonizzato sulla carreggiata.

Ora, Ousseynou Sy è in carcere a San Vittore, piantonato a vista nel reparto protetti. Contro di lui, l’accusa è di sequestro di persona e strage con l'aggravante del terrorismo. Sarà ascoltato oggi dal Gip, ma il suo avvocato parla di un uomo «psicologicamente prostrato», che «non aveva intenzione di fare male a nessuno», parlando di gesto dimostrativo sconsiderato. Quanto alla sua biografia, si tratta di un quarantasettenne nato in Francia da genitori senegalesi, con cittadinanza italiana. Lavora presso la Autoguidovie dal 2002 e le autorità hanno confermato che ha precedenti penali: il primo, nel 2007, per una denuncia per guida in stato di ebbrezza, patente sospesa e poi riavuta. Il secondo per per molestie sessuali su una minorenne nel 2011: condanna definitiva a un anno con pena sospesa. Quanto al movente della sua folle iniziativa, i ragazzi hanno raccontato che nella corsa in pullman ripeteva: «Basta stragi nel Mediterraneo, sono stanco di vedere bambini mangiati dagli squali in mare». Una volta arrivato a Linate, avrebbe detto ai pm che il suo piano sarebbe stato scappare, prendendo un aereo verso il Senegal.

Immediate le reazioni politiche dopo i40 minuti di terrore che avrebbero potuto costare la vita agli studenti. Il vicepremier, Matteo Salvini, ha ringraziato i carabinieri e i ragazzi, definendoli «eroi», poi ha spiegato: «Faremo il possibile perché non solo non si ripetano episodi del genere ma perché a ’ sto tizio venga tolta la cittadinanza italiana, perché se è condannato per terrorismo questo torna da dove è arrivato. Non voglio che si dica cittadino italiano un infame e delinquente del genere». Idea sostenuta da Giorgia Meloni di Fratelli d’Italia, che ha aggiunto «noi nella scorsa legislatura avevamo proposto di revocare la cittadinanza a chi si macchia di gravi reati». Per una cittadinanza revocata, il Viminale vorrebbe concederne una al tredicenne nato in Italia da genitori egiziani che ha salvato i suoi compagni grazie alla telefonata al 112. Il ministero dell’Interno sta accertando la situazione di Ramy ed, è pronto a farsi carico delle spese e a velocizzare al massimo le procedure per riconoscere la cittadinanza a ragazzo.

La richiesta, partita dai genitori del ragazzo, era stata “sponsorizzata” anche dall’altro vicepremier, Luigi Di Maio: «Ha messo a rischio la propria vita per salvare quella dei suoi compagni. È anche grazie a lui che si è evitato il peggio. Il papà oggi ha lanciato un appello e credo che il governo debba raccogliere questa richiesta. C’è la cittadinanza per meriti speciali che si può conferire quando ricorre un eccezionale interesse dello Stato. Sentirò personalmente il presidente del Consiglio in questo senso». Intanto, il premier Conte, a margine del consiglio d’Europa, ha detto: «Non vedo l’ora di poter conoscere questi piccoli eroi».