Gianni “il Bello”, 60 anni, che di cognome fa Melluso, è stato scarcerato perché riconosciuto innocente: non è vero che dodici anni fa diede ordine di assassinare Sabine Macarone.

Chi è Gianni il Bello? Un siciliano, trasferito da ragazzino a Milano e diventato un uomo legato alla potentissima mala di Francis Turatello, “faccia D’Angelo”.

Si pentì e lanciò le accuse che travolsero e schiantarono la vita di Enzo Tortora. Lo accusò di essere un trafficante di droga.

I magistrati gli credettero senza verifiche e sbatterono Tortora in prigione, chiamarono i giornalisti a fotografarlo e a gioire, poi lo condannarono a 10 anni.

I giudici dell’appello inorridirono di fronte a quelle bestialità. Tortora concluse la sua dichiarazione difensiva, al processo d’appello, con queste parole icastiche: «io sono innocente, signori giudici, spero lo siate anche voi”.

Lo erano. Lo assolsero.

Tortora però si ammalò e morì poco dopo.

I magistrati che lo avevano fatto condannare fecero una gran carriera.

Ora Melluso vive il contrappasso. Anche lui è stato condannato all’ergastolo per via di un pentito farlocco. Lo ha salvato la Cassazione. Lui ha detto che chiederà perdono in ginocchio alle figlie di Tortora. Loro hanno risposto: no grazie.

Quando ci renderemo conto che per gestire i pentiti occorrono professionisti eccezionali? Falcone lo era.

Pochi altri. Forse non disponiamo di queste professionalità.

Così i pentiti diventano mine vaganti, fabbricatori di malagiustizia.