«Siamo ufficialmente in recessione. Assurdo che il governo non riconosca le proprie responsabilità. Pericoloso che non faccia nulla per evitare all’Italia una decrescita infelice con più tasse e meno lavoro». Il de profundis, il primo della giornata, arriva direttamente dall’ex premier Paolo Gentiloni. Ma il rintocco a lutto delle campane lo intona “mister spending review”, Carlo Cottarelli: «Il rallentamento che c’è adesso, questa recessione qui non può essere colpa del precedente Governo». In effetti, appena saputo del crollo del Pil, il premier aveva provato a scaricare le responsabilità sull’inquilino precedente di Palazzo Chigi. E il vicepremier Luigi Di Maio era andato anche oltre: «I dati Istat di oggi dimostrano un dato fondamentale e cioè che chi stava al governo prima ci ha mentito, non ci ha portato mai fuori dalla crisi», aveva detto a caldo.

Del resto il rapporto Istat arrivato già nella serata di mercoledì, è di quelli che mettono paura. Secondo l’istituto di statistica, infatti, l’economia italiana è ufficialmente in recessione tecnica. Nel quarto trimestre del 2018 il Pil corretto per gli effetti di calendario e destagionalizzato è infatti diminuito dello 0,2% rispetto al trimestre precedente ed è aumentato dello 0,1% in termini tendenziali. Si tratta del secondo calo congiunturale consecutivo dopo il - 0,1% segnato nel terzo trimestre dell’anno scorso, primo segno negativo dal secondo trimestre 2014. E dopo la sentenza dell’Istat il premier Giuseppe Conte ha provato a gettare acqua sul fuoco: «I dati del Pil non ci preoccupano, a noi interessa concentrarci sul rilancio della nostra economia che avverrà nel 2019, in particolare nel secondo semestre». «È una contrazione - aggiunge il premier - che era nell’aria, gli analisti l’avevano prevista ed è collegata a fattori transitori esterni alla nostra economia. C’è una guerra di dazi che si sta componendo e deve comporsi. Non abbiamo ragione di perdere fiducia, c’è molto entusiasmo». Quanto alla possibilità di riferire in Parlamento come chiesto dalle minoranze, «sono sempre disponibile con le opposizioni quando c’è da chiarire qualcosa», assicura il premier.

E in effetti la voce delle opposizioni si è fatta sentire eccome. A cominciare da Matteo Renzi: «Brutte, brutte, brutte notizie dall’economia italiana - dice l’ex premier - Era dal 2013 che non andavamo così male. Naturalmente Di Maio dà la colpa ai governi Pd, ai governi di prima, a me: è la tragedia disperata di un uomo ridicolo». Per un altro dem, Dario Fraceschini, la situazione è chiara «Abbiamo lasciato il paese nelle mani di due ragazzotti con danni da centinaia di miliardi di euro».

«Di Maio è il Ministro della recessione. Senza vergogna parlava di boom economico», fa eco l’ex reggente delle segreteria del Pd, Maurizio Martina. Stessa linea per Maria Elena Boschi: «Caro Di Maio avevi annunciato il boom economico e ci hai portato al tonfo economico. L’unico boom è il suono delle tue bugie». Decisamente paternalisto l’ex ministro Carlo Calenda: «Sono a disposizione di Di Maio per incontrarlo e cercare insieme soluzioni per riattivare la crescita». Toni altrettanto duri arrivano da Forza Italia il cui leader Berlusconi, proprio ieri, ha auspicato l’avvio di un nuovo governo formato da Lega, Fi e fuoriusciti 5Stelle. In attesa dell’evento annunciato dal Cav, Renato Brunetta commenta i dati del Pil: «E’ un risultato umiliante per il nostro Paese. Non ci sono scusanti. La responsabilità di questo disastro - afferma - è da attribuire al governo Lega- Cinque Stelle, che con la sua politica economica fallimentare e i suoi continui scontri con Ue e mercati ha portato l’Italia a questo risultato indegno di un Paese sviluppato. In politica chi prende scelte sbagliate deve lasciare. Per questo chiediamo all’esecutivo Conte di dimettersi immediatamente».

Per quanto riguarda le associazioni di categoria, il primo allarme arriva dal leader di Confindustria, Vincenzo Boccia: «A gennaio avremo un rallentamento ancora superiore» rispetto al quarto trimestre, a seguito della frenata dell’economia globale e della Germania. Bisogna «reagire subito attivando investimenti pubblici e privati e riaprendo immediatamente i cantieri». Anche i sindacati e le altre parti sociali hanno sollecitato interventi. «Sono dati molto preoccupanti con rischi per l’occupazione», ha detto la leader della Cisl, Annamaria Furlan.

Il segretario generale della Uil, Carmelo Barbagallo, ha sottolineato che «bisogna cambiare le regole e rilanciare l’economia: servono investimenti pubblici e privati nelle infrastrutture, per il riassetto urbanistico delle città». Sulla stessa linea la presidente di Confesercenti, Patrizia De Luise e Confcommercio , preoccupata di un possibile aumento dell’Iva.