Quello di Emma Dante, drammaturga e regista palermitana, è un teatro che incanta e coinvolge lo spettatore con un ritmo incalzante e compulsivo dei protagonisti, dall’inizio alla fine. Movimenti del corpo e della voce degli attori si sincronizzano e rimbalzano sulla scena in modo sempre potente e surreale. Succede anche nello spettacolo “La Scortecata” in scena al Teatro Bellini di Napoli, testo e regia appunto di Emma Dante, liberamente tratto da Lo cunto de li cunti di Giambattista Basile (foto © Festival di Spoleto / ph.MLAntonelli-AGF) . Lo spettacolo che, si può vedere fino al 3 febbraio, ha debuttato al Festival dei Due Mondi nel 2017, ed è il primo dei due lavori della piccola monografia che il Teatro Bellini ha voluto dedicare all’artista palermitana, che proseguirà con Bestie di scena. Su un impianto scenico scarno, un castello in miniatura, un baule e una porta. Sedute su piccolissime sedie ci sono due litigiose anziane sorelle, Rusinella e Carolina, magistralmente Interpretate rispettivamente da Salvatore D’Onofrio e da Carmine Maringola, che si affrontano in una sfida incessante, senza mai perdersi di vista, per chi succhia il proprio dito mignolo fino a farlo diventare liscio e magro. “Zuca, Caruli’! Nun te lamenta’. Ha da deventa’ liscio comme lo dito de ‘nu criaturo. Zuca!” Versi, movimenti e parole, scandite da quattro celebri canzoni che segnano passaggi essenziali della trama. Rusinella e Carolina insieme mal si sopportano ma non sanno fare a meno l’una dell’altra, ciascuna invidiosa dell’altra, entramne in un crescendo di surreale delirio protese a scacciare quella brutta vecchiaia, ma anche tanta solitudine, che le ha tenute segregate in un tugurio. La Dante si ispira alla novella de Lo cunto de li cunti di Basile, ma la rimescola completamente affidando a due uomini i ruoli delle due vecchie che si muovono sulla scena senza risparmiarsi un attimo, bravissimi entrambi, e scambiandosi in modo sublime i rispettivi ruoli. La favola racconta che un giorno il re, sentendo cantare una delle due donne, immagina che la voce appartenga a una bella giovane, se ne innamora e comincia a corteggiarla. Le due sorelle escogitano dunque un piano per non fare scoprire la verità al re: nascoste dietro la porta – esilarante e nel contempo drammatica questa scena che le vede impersonare ora il re, ora la giovinetta, ora la fata - porgono solo il dito mignolo allo spasimante, attraverso la serratura. Il loro tempo è interminabile è lo trascorrono inscenando la favola e affrontandosi con epiteti vernacolari e volgari, ma con grande verve umoristica. Si affrontano dunque in modo carnale e si scambiano continuamente i ruoli, riescono così a ottenere un incontro al buio con il sovrano, che però durante la notte d’amore accende una luce, si accorge dell’inganno e getta la brutta amante dalla finestra. La vecchia sopravvive perché si aggrappa a un ramo, ma una fata, commossa dalla sua vicenda, la tramuta in una giovane fanciulla e alla fine il re la sposa, mentre l’altra sorella pazza d’invidia si fa scorticare dal barbiere per eliminare la pelle vecchia e per farla ricrescere nuova, come se fosse una giovinetta. “Prendendo spunto dalle fiabe popolari - scrive Emma Dante nelle note di regia - Giambattista Basile crea un mondo affascinante e sofisticato partendo dal basso. Come una partitura metrica, la lingua di Basile cerca la verità senza rinunciare ai ghirigori barocchi della scrittura”. Lei, Emma Dante, costruisce e rappresenta il resto, con la grande abilità e la sapienza di un’artigiana di scena. Imperdibile. Gli elementi scenici e costumi sono di Emma Dante, le luci di Cristian Zucaro, l’assistente di produzione Daniela Gusmano, l’assistente alla regia Manuel Capraro. La produzione è del Festival di Spoleto 60, Teatro Biondo di Palermo in collaborazione con Atto Unico/Compagnia Sud Costa Occidentale, il coordinamento e distribuzione Aldo Miguel Grompone, Roma.