La denuncia viene da un magistrato. Anzi dal Presidente di un tribunale. Non un piccolo tribunale, quello di Torino. E la denuncia è clamorosa. Abbiamo pubblicato ieri uno stralcio ampio del discorso pronunciato dal dottor Massimo Terzi all’apertura dell’anno giudiziario. Pochi commenti e molte cifre: la conclusione è che la giustizia italiana è una giustizia spazzatura, che non funziona, che è ingolfata e non certo per colpa delle prescrizioni ma per il modo nel quale lavorano i magistrati.
L’uso del termine spazzatura non è una mia faziosa forzatura: il dottor Terzi ha paragonato la nostra giustizia ai “titoli spazzatura” in borsa, cioè ai titoli a valore zero.Vediamo prima le cifre essenziali presentate dal Presidente del Tribunale di Torino: 150 mila persone ogni anno vengono assolte in primo grado dopo almeno 4 anni tra indagini preliminari e processo. 150 mila è una cifra spaventosa, rappresenta il 50 per cento delle persone contro le quali è stato avviato un procedimento giudiziario. A questi si devono aggiungere coloro che vanno in prescrizione prima della conclusione del processo di primo grado, che sono altre decine di migliaia, e quelli che saranno poi assolti in secondo grado o in Cassazione. Diciamo – con approssimazione generosa che i tre quarti di coloro che vengono mandati a giudizio e tenuti sulla graticola per quattro o sette o quindici anni, sono innocenti. E che molte migliaia di loro sono passati per il carcere preventivo o per i domiciliari. E che la conseguenza di questa mole spaventosa di processi avviati dai Pm è che ci sono quasi 600.000 processi pendenti, e che il numero è in aumento, e che si può già calcolare che se non cambia qualcosa entro 15 anni supereranno il milione.Tutto questo non è il contenuto della denuncia di un avvocato troppo polemico ma di un magistrato mite, che di queste cose se ne intende perché per professione si occupa esattamente di questo: organizzare la giustizia nella quinta più grande città italiana.Quali sono le cause di questo gran pasticcio? E’ sempre il dottor Terzi a spiegarcele: i pubblici ministeri esercitano l’azione penale con grande leggerezza, mentre – a giudizio di Terzi – dovrebbero esercitarla solo in presenza di fonti di prova certe. Le cause di questa abitudine sono da una parte l’obbligatorietà dell’azione penale ( che da tempo è diventato un tabù per un settore ampio e soprattutto molto rumoroso della magistratura) e dall’altra, evidentemente, una insufficienza nella professionalità dei magistrati.Terzi dice che questo è il problema principale.Il numero abnorme di assoluzioni è dovuto all’abitudine di avviare le indagini e di chiedere comunque il rinvio a giudizio per una specie di automatismo burocratico: senza avere in mano nessuna prova di colpevolezza o nessuna speranza che questa prova possa formarsi in giudizio.La denuncia di Terzi, peraltro, ha coinciso con un nuovo episodio di cronaca che ieri era su tutti i giornali: la furia dei parenti di una vittima che non hanno accettato una sentenza di una Corte d’appello che ha modificato una sentenza di condanna per omicidio volontario trasformandola in condanna per omicidio colposo. Nelle ultime settimane è successo diverse volte che i parenti delle vittime ( ma non solo loro, anche moltissimi giornali, molti politici, persino qualche ministro) hanno identificato una sentenza di assoluzione, o una riduzione di una condanna ( come in questo caso), con il sommo della giustizia negata.Tra il discorso di Terzi e queste forme di rabbia popolare giustizialista c’è un contrasto molto evidente.Terzi non dice che l’assoluzione è una sconfitta della giustizia ( l’assoluzione, in genere, è invece la massima espressione di giustizia) dice più semplicemente che una percentuale così grande di assoluzioni dimostra che c’è qualcosa che non va nelle indagini e nel processo.E questo qualcosa non è certo un eccesso di garantismo.Al contrario: è un eccesso di giustizialismo.La convinzione che la società sia fondamentalmente costituita da delinquenti e che dunque la massima espressione della modernità sia processare più gente possibile ( diciamo: il davighismo) è la ragione fondamentale del cattivo funzionamento della giustizia.C’è da sperare che il governo, che ha promesso di riformare il processo entro un anno, tenga conto di queste osservazioni di un magistrato. Che sono molto, molto difficili da smontare.
Così la giustizia annega spinta a fondo dal giustizialismo
La denuncia viene da un magistrato. Anzi dal Presidente di un tribunale. Non un piccolo tribunale, quello di Torino. E la denuncia è clamorosa. Abbiamo pubblicato ieri uno stralcio ampio del discorso pronunciato dal dottor Massimo Terzi all’apertura dell’anno giudiziario. Pochi commenti e molte cifre: la conclusione è che la giustizia italiana è una giustizia spazzatura, che non funziona, che è ingolfata e non certo per colpa delle prescrizioni ma per il modo nel quale lavorano i magistrati.
L’uso del termine spazzatura non è una mia faziosa forzatura: il dottor Terzi ha paragonato la nostra giustizia ai “titoli spazzatura” in borsa, cioè ai titoli a valore zero.Vediamo prima le cifre essenziali presentate dal Presidente del Tribunale di Torino: 150 mila persone ogni anno vengono assolte in primo grado dopo almeno 4 anni tra indagini preliminari e processo. 150 mila è una cifra spaventosa, rappresenta il 50 per cento delle persone contro le quali è stato avviato un procedimento giudiziario. A questi si devono aggiungere coloro che vanno in prescrizione prima della conclusione del processo di primo grado, che sono altre decine di migliaia, e quelli che saranno poi assolti in secondo grado o in Cassazione. Diciamo – con approssimazione generosa che i tre quarti di coloro che vengono mandati a giudizio e tenuti sulla graticola per quattro o sette o quindici anni, sono innocenti. E che molte migliaia di loro sono passati per il carcere preventivo o per i domiciliari. E che la conseguenza di questa mole spaventosa di processi avviati dai Pm è che ci sono quasi 600.000 processi pendenti, e che il numero è in aumento, e che si può già calcolare che se non cambia qualcosa entro 15 anni supereranno il milione.Tutto questo non è il contenuto della denuncia di un avvocato troppo polemico ma di un magistrato mite, che di queste cose se ne intende perché per professione si occupa esattamente di questo: organizzare la giustizia nella quinta più grande città italiana.Quali sono le cause di questo gran pasticcio? E’ sempre il dottor Terzi a spiegarcele: i pubblici ministeri esercitano l’azione penale con grande leggerezza, mentre – a giudizio di Terzi – dovrebbero esercitarla solo in presenza di fonti di prova certe. Le cause di questa abitudine sono da una parte l’obbligatorietà dell’azione penale ( che da tempo è diventato un tabù per un settore ampio e soprattutto molto rumoroso della magistratura) e dall’altra, evidentemente, una insufficienza nella professionalità dei magistrati.Terzi dice che questo è il problema principale.Il numero abnorme di assoluzioni è dovuto all’abitudine di avviare le indagini e di chiedere comunque il rinvio a giudizio per una specie di automatismo burocratico: senza avere in mano nessuna prova di colpevolezza o nessuna speranza che questa prova possa formarsi in giudizio.La denuncia di Terzi, peraltro, ha coinciso con un nuovo episodio di cronaca che ieri era su tutti i giornali: la furia dei parenti di una vittima che non hanno accettato una sentenza di una Corte d’appello che ha modificato una sentenza di condanna per omicidio volontario trasformandola in condanna per omicidio colposo. Nelle ultime settimane è successo diverse volte che i parenti delle vittime ( ma non solo loro, anche moltissimi giornali, molti politici, persino qualche ministro) hanno identificato una sentenza di assoluzione, o una riduzione di una condanna ( come in questo caso), con il sommo della giustizia negata.Tra il discorso di Terzi e queste forme di rabbia popolare giustizialista c’è un contrasto molto evidente.Terzi non dice che l’assoluzione è una sconfitta della giustizia ( l’assoluzione, in genere, è invece la massima espressione di giustizia) dice più semplicemente che una percentuale così grande di assoluzioni dimostra che c’è qualcosa che non va nelle indagini e nel processo.E questo qualcosa non è certo un eccesso di garantismo.Al contrario: è un eccesso di giustizialismo.La convinzione che la società sia fondamentalmente costituita da delinquenti e che dunque la massima espressione della modernità sia processare più gente possibile ( diciamo: il davighismo) è la ragione fondamentale del cattivo funzionamento della giustizia.C’è da sperare che il governo, che ha promesso di riformare il processo entro un anno, tenga conto di queste osservazioni di un magistrato. Che sono molto, molto difficili da smontare.
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