Chiuso «senza preavviso». Finiscono così, con l’intervento dell’esercito, le attività del Cara di Castelnuovo di Porto, alle porte di Roma, il secondo più grande d'Italia dopo quello di Mineo. Alle nove del mattino i militari hanno raggiunto il centro, dando il via alle procedure di chiusura, che verranno concluse nel giro di pochi giorni. Parte dei migranti - 305 su 535, dei quali 120 donne e 14 bambini - «perfettamente integrati nel paese», dice il sindaco Riccardo Travaglini, verranno trasferiti in Toscana, Umbria e Lombardia, senza però conoscere le destinazioni precise. I primi trenta sono stati già stati trasferiti ieri con un autobus, altri 75 partiranno oggi, mentre è a rischio la sorte di circa 150 persone titolari di protezione umanitaria, voce eliminata dal decreto Salvini. Persone che, ora, perderanno il diritto alla prima accoglienza, rimanendo per strada.

I primi migranti, nella mattinata di ieri, hanno dovuto raccogliere da un momento all’altro le proprie cose, radunate nelle valigie fornite dai volontari e dalle persone che, fino a ieri, hanno lavorato nel progetto d’accoglienza. E sono oltre un centinaio, ora, le persone che rischiano di rimanere senza lavoro. Le operazioni di smantellamento del centro - che tempo fa era finito nell’inchiesta Mafia Capitale per poi, con la nuova amministrazione comunale, rientrare nell’ottica dei protocolli di legalità voluti dal ministero dell’Interno - dovranno essere completate entro il 31 gennaio. Un’esperienza positiva, quella di Castelnuovo, che a marzo 2016 era stata scelta da papa Francesco come sede per la cerimonia della lavanda dei piedi del giovedì santo, raccogliendo riconoscimenti anche dall'Acnur - agenzia dell’Onu per i rifugiati - per la qualità dell'accoglienza e per i percorsi di integrazione. «Quanto è accaduto - ha protestato il deputato romano del Pd, Roberto Morassut - non è degno di una nazione civile. Una delle strutture più importanti per l'accoglienza degli immigrati è stata sgomberata senza adeguato preavviso. Nessuno è stato avvertito per tempo, nemmeno il Comune: un vero e proprio blitz». I migranti verranno trasferiti entro sabato nei Centri di accoglienza straordinaria di altre regioni. Il primo Cara a fare le spese della legge voluta dal ministro Salvini non è, dunque, quello di Isola Capo Rizzuto - che, stando alle indagini della Dda, è pesantemente infiltrato dalla ‘ ndrangheta, con condizioni di vita degradanti per i migranti, ai quali veniva addirittura rifilato cibo per animali -, ma quello ritenuto esempio della buona accoglienza. Un modello portato avanti d’intesa con la Prefettura, con la quale era stato sottoscritto un protocollo di legalità che prevedeva progetti culturali e di volontariato, nonché l’inserimento scolastico dei bambini, che ora saranno costretti a lasciare la scuola alla volta di un futuro ancora incerto.

Cgil, Cil e Uil hanno annunciato lo stato di agitazione del personale e un presidio sotto il ministero del Lavoro per il 24 gennaio, con il personale delle Coop Auxilium, Siar e azienda Itaca. I sindacati chiedono la tutela dei posti di lavoro, dato che il decreto sicurezza cancellerà, in tutta Italia, circa 10mila posti. Ieri, intanto, si è svolta una marcia pacifica nel paese per protestare contro la decisione del ministero, partita dalla parrocchia di Santa Lucia in Pontestorto fino al centro per rifugiati. A schierarsi dalla parte dei migranti anche il vescovo di Porto- Santa Rufina, monsignor Gino Reali. «Dopo tanti anni d’impegno della comunità locale mi pare assurdo interrompere progetti di integrazione ben avviati, con la partecipazione di tanti cittadini e volontari della diocesi», ha commentato, contestando «il metodo di trasferimento, che non mi pare dignitoso per donne, uomini e bambini che hanno alle spalle storie drammatiche. Quale futuro offriamo a queste persone? Quale immagine di civiltà stiamo dando?». Domande accompagnate da una preghiera, «perché questa gente non perda la speranza e trovi la giusta accoglienza» .