Un generale dei carabinieri è stato nominato commissario per la sanità in Calabria, una regione che ha detto subito di non conoscere.

Ma questo è un dettaglio di nessuna importanza. In Calabria i segni parlano come forse in nessun altro posto di Europa e quando un generale dei carabinieri in pensione viene nominato commissario di “Calabria verde” o alla “Sanità” è un segno inequivocabile di crisi profonda della democrazia. Aldilà della persona ( che rispettiamo) il commissariamento costituisce una patente di incapacità e di immaturità democratica che viene consegnata al popolo calabrese e sarebbe anche uno schiaffo per tutti gli “Eletti”, qualora ci fosse ancora uno straccio di “classe dirigente”.

Con questa premessa, vorremmo domandare al nuovo commissario alla sanità, chiedendo perdono per l’ardire: quali sono le competenze del procuratore della Dda di Catanzaro in materia di sanità? Nessuna. E infatti il generale, dopo l’incontro con il dottor Gratteri, ha sentito il bisogno di dichiarare: «Da vecchio carabiniere ho avuto sempre avuto un interlocutore solo: la legge e la magistratura». Nulla da obbiettare se fosse stata una visita discreta e privata, altra cosa quando si sente il bisogno di dichiarare «quella di Gratteri è la prima stanza in cui sono entrato».

Signor generale, ma in procura non si va per denunciare reati? Lei aveva reati da denunciare all’atto dell’insediamento? Era a conoscenza di possibili attentati contro la Sua persona oppure di qualche trama delle cosche per continuare a tenere sotto scacco la sanità calabrese? Probabilmente no. In questo caso la Sua “visita” diventa un segno e potrebbe esser stata quantomeno inopportuna e Lei avrebbe perso tempo e chi l’ha ricevuta ancor più di Lei. Ha semplicemente sbagliato direzione ed invece di indirizzarsi verso una corsia di ospedale e verso qualche scalcinata guardia medica s’è diretta verso gli uffici della Dda. A meno che Ella non abbia voluto caricare di un significato altamente simbolico la sua visita: Lei ha reso omaggio alla “legge”. Anzi, e per dirla proprio tutta, ha reso omaggio e chi, secondo Lei, è espressione dei poteri che comandano nella nostra Regione. Lei ha ritenuto che una persona, più di altri, incarni la “legge” in Calabria. Se così fosse mi sento precipitare nell’incubo di Kafka e si staglia ai miei occhi il tetro edificio dei guardiani e custodi della legge che stritolano l’inerme cittadino.

Non ho dubbi di sorta: la “legge” in Calabria langue ( ed è umiliata) dove più si soffre e si muore, iniziando dagli ospedali che sono l’immagine funesta della sgangherata sanità calabrese. Ed è proprio per questo che Ella avrebbe dovuto rendere il Suo primo omaggio al cittadino inerme che si trova in una corsia di ospedale, che gira invano in un’ambulanza mentre la vita se ne va; oppure ai tanti emarginati che - prendendo i soldi a prestito intraprendono i costosi viaggi della speranza. Costoro incarnano la Legge meglio di chiunque altro! Una “legge” ferita e che chiede di essere liberata dalle catene che la tengono prigioniera. In Calabria siamo nella “notte dei generali” dei prefetti, dei commissari, dei pubblici ministeri, e di un diffuso ceto di politicanti di accatto, che con gli alti burocrati vivono il loro “Gran giorno” mentre questo popolo di “coglioni” e “criminali” a cui faccio parte a pieno titolo non conta più niente. Lei non è l’eccezione Signor Generale ma la regola, perché la Calabria ha abbandonato da tempo la Repubblica italiana per approdare all’Iran degli ayatollah. Tranquillo Signor Generale, nessuno avrà niente da obbiettare. Tutti coloro che ha incontrato ed incontrerà non avranno assolutamente nulla da ridire circa le sue priorità e solo qualche vecchio matto continuerà a ritenere ed a vaneggiare pensando che il “popolo” sia il supremo custode delle leggi e che la rischiosa lotta per Libertà e per il sostanziale rispetto della Costituzione rappresenti un dovere per ogni cittadino.