Per capire se quelle ossa sono davvero di Emanuela Orlandi e Mirella Gregori, bisognerà ancora attendere i tempi tecnici necessari alle perizie. Dicono dai sette ai dieci giorni. Ma qualcuno sostiene che dieci giorni siano un tempo abbastanza inspiegabile, per avere degli esiti che normalmente si hanno nella metà del tempo.

Ma di “congetture”, in questo pezzo, ne metteremo già tante, quindi questa ce la risparmiamo. Una cosa però già si sa. Anzi, due. Le ossa, che sarebbero state trovate in due punti diversi dello stesso ambiente, un appartamento in ristrutturazione all’interno di Villa Giorgina, sede della Nunziatura Apostolica a Roma, appartengono a due corpi. Almeno uno di questi è una donna, conclusione a cui si può arrivare grazie ad una prima, sommaria, analisi del bacino. E secondo indiscrezioni, sarebbero ossa di corpi non ancora adulti. Non ci sarà ancora la conferma definitiva, quindi, ma ce n’è abbastanza per lasciarsi suggestionare dall’ipotesi che sì, quelle ossa potrebbero essere di Emanuela e Mirella. O di una delle due.

E questo anche escludendo quello che sembra sia un equivoco delle ultime ore, riguardante Don Pietro Vergari, il sacerdote indagato in passato per la vicenda Orlandi, per essere stato colui che si fece promotore della sepoltura in Sant’Apollinare di Renatino De Pedis, uno dei capi della banda della Magliana. Ai tempi, indagando sul legame fra la criminalità romana e la scomparsa di Emanuela, saltò fuori il suo nome, ma la posizione del sacerdote venne poi archiviata.

La figura di Don Vergari, nelle ore immediatamente successive al ritrovamento delle ossa a Villa Giorgina è stata nuovamente rievocata, perché si diceva avesse lavorato proprio alla Nunziatura Apostolica, anche se in un periodo successivo alla scomparsa di Emanuela. Tuttavia, dopo alcune ricerche, sembrerebbe che in realtà il sacerdote abbia prestato la sua opera pastorale presso la Penitenzeria Apostolica, allora guidata dall’arcivescovo francescano Gianfranco Girotti, e non alla Nunziatura. E sarebbe stato proprio lavorando a Regina Coeli che Don Vergari avrebbe conosciuto De Pedis.

Chiarito questo aspetto, rimane la domanda iniziale: se fossero di Emanuela Orlandi e Mirella Gregori, quelle ossa? Intanto sarebbe interessante capire da quanto tempo si trovavano a Villa Giorgina. Da sempre? Oppure solo da poco? Sono state ritrovate casualmente oppure qualcuno ha voluto che fossero trovate? E nel caso della seconda ipotesi, chi e perché ha voluto farle trovare, proprio ora e proprio in un immobile di proprietà del Vaticano? Prima di tutto va fatta una considerazione: tutti i personaggi di grosso calibro, coinvolti da inchieste e indagini, nella scomparsa di Emanuela Orlandi, sono morti. E’ morto il cardinale Marcinkus, deus ex machina dello Ior. E’ morto, e sappiamo come, anche Roberto Calvi. E’ morto e sepolto, come già detto, anche Renatino De Pedis. E visto che nello storytelling di questa vicenda non ci siamo fatti mancare neppure la mafia, sono morti anche entrambi i dominus mafiosi del tempo, cioè Riina e Provenzano.

Chiunque potesse sapere qualcosa, sulla scorta di ciò su cui si è indagato, è già passato a miglior vita. A parte Pippo Calò, il cassiere della mafia, che sta al 41 bis e che vorrebbe incontrare la famiglia Orlandi. Una richiesta fin qui negata dalle Istituzioni. Insomma, chiunque potesse sapere qualcosa o è morto o non è a piede libero.

Ma ne siamo certi? Se invece qualcuno che sa e può dimostrare di sapere, calcasse ancora liberamente questa terra? E se magari, questo qualcuno, per motivi da scoprire, avesse fatto sapere a qualcun altro in Vaticano della sua esistenza, chiedendo qualcosa? Visto che abbiamo tirato in ballo la mafia, facciamo un esempio mafioso: quando si chiede il pizzo ad un negoziante, lo si fa all’inizio con le buone, in maniera anche conciliante. Poi, se il commerciante non si piega al racket, si passa alle minacce. E prima di mettere bombe al negozio, si lascia davanti alla saracinesca una bottiglia con dentro della benzina. Intimidazione. E se queste ossa fossero una bottiglia piena di benzina, lasciate su una delle tante porte del Vaticano? Se fossero un’intimidazione? Congetture e suggestioni, che oggi lasciano il tempo che trovano. Ma che magari, fra dieci giorni, avranno una sostanza e soprattutto una prospettiva diversa.