Fare processi sui media è un’arma a doppio taglio e Jimmy Bennett ho ha scoperto nel modo peggiore.

Riassunto: Jimmy Bennett è un ex attore bambino di 22 anni e, lo scorso agosto, ha accusato la paladina del # metoo e sua ex mentore cinematografica Asia Argento di averlo violentato in una stanza d’albergo a Los Angeles, quando lui era minorenne. La storia, resa pubblica dallo stesso New York Times che aveva dato voce alle prime donne abusate dal produttore Harvey Weistiein, ha fatto cadere Argento dal suo piedistallo di accusatrice, trasformandola in accusata. Successivamente, è stato reso pubblico che il compagno di Asia, lo chef Anthony Burdain ( morto suicida in giugno) stava pagando il silenzio di Bennett. All’inizio la posizione dell’attrice italiana è stata confusa ( anche in seguito alla pubblicazione di sms compromettenti che sembravano avvalorare la tesi di Bennett), ora invece Argento smentisce categoricamente la ricostruzione di Bennett, ha sospeso ogni pagamento e reso pubblico il fatto che il ragazzo sia sul lastrico e abbia fatto causa ai genitori che hanno sperperato i suoi soldi.

Domenica sera, in diretta sulla tv italiana e in esclusiva mondiale, Bennett ha deciso di raccontare «la sua verità», come ha spiegato Massimo Giletti che lo ha intervistato per il suo programma Non è l’arena, su La7.

Peccato che ad andare in scena sia stata una catastrofe comunicativa. E a distruggere la credibilità del racconto di Bennett è stato il suo avvocato, presente in studio e seduto accanto a lui, quando ha detto che «l’importante è che si trovi un accordo e che Asia paghi al mio cliente 3 milioni e 200 mila euro».

In sintesi, l’intervista è stata la dimostrazione di cosa non fare nella gestione di un caso che ha già raggiunto le proporzioni mediatiche di uno scandalo di media grandezza su scala globale. Jimmy Bennett si è presentato a raccontare la sua storia in una trasmissione di cui non parla la lingua: il risultato è stato una traduzione simultanea smangiucchiata, poco chiara e per nulla empatica. L’avvocato seduto a suo fianco, al quale Jimmy guardava spaesato ogni volta che non capiva le domande allusive di Giletti, ha fatto il resto. La diretta, poi, ha dato il colpo di grazia: ogni esitazione, ogni incomprensione sulla domanda posta, ogni grattata di capelli bianco- rosati, è stata inclementemente data in pasto agli spettatori. La frase dell’avvocato sul risarcimento ha chiuso - almeno per il pubblico italiano (che su Twitter ha commentato passo per passo l’intervista) - ogni ragionevole dubbio sull’attendibilità del racconto.

Se l’avvocato Gordon Sattro avesse detto la stessa fase in una televisione americana, infatti, l’effetto sarebbe stato opposto. In America, il principio del risarcimento del danno attraverso un accordo economico tra le parti, anche in caso di alcuni tipi di reati, è parte integrante del sistema giuridico. Ristorare la vittima è, per il sistema di common law, una sorta di ammissione di colpa che soddisfa chi il torto l’ha subito e fa salvo dal processo chi l’ha commesso. Per questo, la frase di Sattro serviva a spiegare che Bennett, in caso di risarcimento, si sarebbe dichiarato soddisfatto davanti agli inquirenti che attualmente indagano sul caso. In Italia, invece, la stessa frase - per di più pronunciata da un avvocato e dopo il resoconto a dir poco farraginoso ( più per colpa della traduzione simultanea che di Bennett) - è suonata come una sorta di minaccia d’estorsione ai danni di Argento. Non a caso, al termine dell’intervista, lo stesso Giletti si è lasciato sfuggire il commento su come «voler dire la propria verità è un conto, ma poi chiedere tre milioni di euro...».

La vera domanda, l’unica che andava fatta a Bennett, è per quale ragione abbia scelto il suicidio mediatico in una televisione per lui straniera, di cui nè lui nè il suo avvocato hanno dimostrato di conoscere lingua, linguaggio e regole. Alla fine, anche il ragazzo si è reso conto dell’errore e si è lamentato ormai tardivamente del tono dell’intervista, del fatto che lo studio fosse tappezzato di gigantografie sorridenti di Asia Argento e del fatto che «io pensavo di venire qui a raccontare la mia storia, non voglio accusare nessuno. Invece sta succedendo altro». Quell’altro, sono state le domande incalzanti di Giletti che gli ha chiesto «tecnicamente» come è possibile che un uomo venga violentato da una donna, inarcando le sopracciglia quando Bennett ha spiegato che si sentiva in sudditanza psicologica nei confronti di Argento perchè, poco prima di fargli le avances, aveva vagheggiato della possibilità di scritturarlo per un film in Italia. Anche in questo caso, purtroppo, Bennett ha scelto il paese sbagliato dove sostenere che un uomo possa essere violentato: ieri, la stampa americana si è molto indignata dell’applauso fragoroso del pubblico alla chiosa di Giletti, che ha spiegato come personalmente ritenga molto improbabile che sia possibile per un uomo avere un rapporto sessuale completo non consenziente. La frittata mediatica, però, era già stata servita.

Risultato: il ragazzo, almeno per il pubblico italiano, è passato da vittima a millantatore di rapporti sessuali, pronto a estorcere ad Argento più di tre milioni di dollari, calcolati sulla base del suo reddito non realizzato in seguito al trauma causato dalla violenza ( il solito avvocato Sattro ha spiegato limpidamente che la richiesta di risarcimento era stata calcolata sui guadagni di Bennett prima dell’incontro intimo con Argento, che poi si sono interrotti).

Purtroppo, poi, gli scivoloni mediatici non passano mai impuniti. Argento, consigliata da un vecchio volpone dei media come l’avvocato delle star, Mark Heller, racconta «la sua verità» - per dirla con Giletti - alla televisione web americana DailyMail in una doppia puntata in onda ieri e oggi. Una doppia puntata registrata ( dunque depurata di pause e sporcature), senza avvocati presenti, resa in inglese a una emittente americana cui Asia concede anche la prima esclusiva sul suo rapporto con il defunto Burdain, che in America era un volto notissimo. E la sua linea è chiara: confermare che non c’è stato alcun rapporto sessuale con Bennett ( che le ha fatto già il favore non richiesto di questo autosabotaggio) e generare empatia con il pubblico, perchè la fase 2 del # metoo prevede di spiegare come «anche chi ha degli scheletri nell’armadio rimane una vittima» ( come ha scritto Heller nel primo comunicato ufficiale sulla vicenda).

A prescindere da qualsiasi verità processuale, che stabilirà un giudice in California se mai la vicenda arriverà davanti a una corte, la verità mediatica invece è stata scritta, e non in favore di Bennett.