A sorpresa la commissione Giustizia ha proposto al Governo l’eliminazione del 4 bis per i minori. Si ritorna quindi – con qualche leggera modifica - al testo originale elaborato dalle commissioni speciali presiedute dal giurista Glauco Giostra. Una notizia non da poco visto che la reintroduzione del 4 bis è stata fatta non dal governo gialloverde, ma da quello Gentiloni. Si tratta del decreto della riforma dell’ordinamento penitenziario relativo all’esecuzione penale per i condannati minorenni. Ricordiamo che questo decreto fu trasmesso alle Camere il 24 aprile scorso dal Governo Gentiloni. Un decreto che però lo stesso governo precedente aveva cambiato, modificando il testo originale dove si prevedeva per i detenuti minorenni l’esclusione di qualunque sbarramento all’accesso ai benefici. Si prevedeva che le misure alternative potessero essere concesse dal magistrato qualunque fosse il titolo di reato. Invece il Governo precedente ha inserito nuovamente il 4 bis anche nei confronti dei minori. Eppure, come aveva osservato il Garante Mauro Palma attraverso un parere richiesto dalle commissioni, la previsione dell’articolo 4 bis può «essere facilmente letta come contraria alla delega». Perché? La legge delega, infatti, all’art. 85 prevede che i decreti sulle modifiche all’ordinamento penitenziario debbano essere adottati, per i singoli temi trattati, nel rispetto dei principi e dei criteri direttivi contenuti nella delega del governo. È al punto 5 lettera p) che si indica, in tema di esecuzione della pena nel processo minorile, come principio di riferimento, «l’ampliamento dei criteri per l’accesso alle misure alternative», con particolare riferimento ai requisiti per l’ammissione dei minori al l’affidamento in prova ai servizi sociali e alla semilibertà. A leggere il decreto in esame alla commissione, al capitolo dedicato all’ «Esecuzione esterna e alle misure penali di comunità», relativo alle misure alternative alla detenzione per i condannati minorenni e i giovani adulti, si legge, invece che «ai fini della concessione delle misure penali di comunità e dei permessi premio e per l’assegnazione al lavoro esterno trova applicazione l’articolo 4- bis, commi 1 e 1- bis O. P. », che fissa le condizioni per l’accesso ai benefici penitenziari per «certe tipologie criminali dalla spiccata pericolosità». Pertanto, i benefici e le misure alternative sa- vincolati alla collaborazione con la giustizia, anche da parte dei minori, che siano stati condannati per reati di terrorismo o eversione dell’ordine democratico, associazione mafiosa, reati sessuali, favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, associazione per contrabbando e spaccio di stupefacenti.

Ma ora la commissione giustizia presieduta dalla deputata del movimento cinque stelle Giulia Sarti ha espresso un parere che vorrebbe togliere questa preclusione. Per dare applicazione alle misure penali di comunità e permessi premio e per concedere l’accesso al lavoro all’esterno, la Commissione si esprime, come proposta di parere, contrariamente alla previsione dell’art 4 bis: osserva infatti che sui limiti e gli automatismi occorre riformulare la norma, in quanto cosi come prevista non può ritenersi compatibile con l’orientamento della Corte Costituzionale, la quale si è già espressa sul contrasto con la funzione rieducativa della pena e il principio di individualizzazione del trattamento.

PARERE DI MODIFICA ANCHE PER IL DECRETO PRINCIPALE

Qualche piccola modifica anche per quanto riguarda il corpo centrale della riforma. Il Governo ha ricevuto dalla commissione giustizia anche il parere relativo allo schema principale - revisionato e riscritto dal Consiglio dei Ministri - della riforma dell’ordinamento penitenziario. Durante l’ultima seduta di giovedì scorso, i componenti della commissione – in particolar modo Carmelo Miceli e Alessia Morani del PD – avevano chiesto di attendere il parere completo della Conferenza Unificata, visto che i Presidenti delle regioni e delle province autonome hanno espresso parere favorevole, condizionato però all’accoglimento di una serie di emendamenti già portati a conoscenza del Ministro della giustizia. A questo si aggiunge – come aveva sottolineato la presidente della commissione Giulia Sarti – che manca una documentazione integrativa, sempre della Conferenza Unificata, con riferimento allo schema attualmente in esame, che rappresenta un testo diverso dal precedente, sul quale le Commissioni parlamentari di Camera e Senato avevano espresso un parere contrario. Il sottosegretario alla giustizia Jacopo Morrone aveva quindi dichiarato la disponibilità del Governo ad attendere l’espressione del parere da parte della Commissione fino a ieri. Detto, fatto. Il Consiglio dei Ministri, oltre ad approvare ed eventualmente accogliere la proposta di modifica - il decreto relativo all’ordinamento penitenziario minorile, avrà nuovamente sul tavolo anche quello principale. La documentazione della Conferenza Unificata è, infatti, arrivata a destinazione e la commissione giustizia ha ritenuto di accogliere alcune modifiche riguardante l’assistenza sanitaria. Quali sono? Pur apprezzando gli interventi che riguardano l’aspetto meramente organizzativo intra murario, severo è il disappunto della Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome sull’assenza di considerazione del tema della salute mentale. Attenzione è data anche alla volontà del detenuto, nel caso l’istituto penitenziario lo voglia trasferire in struttura esterna per le cure mediche, così come all’urgenza delle cure che devono avvenire ' nel minor tempo possibile presso una struttura sanitaria esterna adeguata'. Osservazioni sono dedicate anche alla spartizione dei compiti: se i detenuti con patologie croniche saranno in carico al servizio sanitario, le Regioni impongono che sia compito dell’amministrazione penitenziaria assicurare le cure di assistenza sanitaria senza limiti di orario, oltre che garantire lo svolgimento di misure di prevenzione, come ad esempio il diritto allo svolgimento di attività fisica.

Ricordiamo come il Governo ha modificato il decreto principale della riforma. Ci sono diversi cambiamenti volti non solo ad elirebbero minare tutto ciò che riguarda fuori dal carcere, ma anche per quanto riguarda la vita interna. Tutto revisionato e riscritto. Tanto da aggiungere delle parole a diversi commi, oppure facendo rimanere così com’è alcuni commi del “vecchio” ordinamento e con il rischio evidente di fuoriuscire dal perimetro delle legge delega che puntava soprattutto a una graduale de carcerizzazione che parte dalla vita detentiva finalizzata alla riabilitazione, fino all’implementazione delle pene alternative concesse dai magistrati di sorveglianza quando accertano che si verificano le condizioni. Il pratica non è stato recepito, come dice il Garante, il “corpus complessivo” della legge delega. Tolto ogni riferimento alle regole penitenziarie europee, tolta la parte dedicata alla sorveglianza dinamica. La perquisizione corporale è stata mantenuta come dal vecchio ordinamento, mentre la riforma originale l’aveva cambiato prendendo in considerazione diverse sentenze della cassazione che sottolineavano il rispetto dei diritti fondamentali dell’uomo e il ricorso a tale metodo «solo nel caso in cui sussistano specifiche e prevalenti esigenze di sicurezza interna o in ragione di una pericolosità del detenuto risultante da fatti concreti». Così come è stata modificata la concessione dei benefici e, addirittura, quello sui colloqui coi familiari: il nuovo testo riscritto prevede di poter favorire i colloqui coi famigliari ‘ ove possibile’, mentre nel testo della riforma originale al posto del potenziale verbo ‘ potere’ si leggeva che era un dovere. Anche l’assistenza sanitaria è stata modificata, prendendo in considerazione solo l’aspetto organizzativo: tolta l’equiparazione tra i detenuti infermi di mente con quelli fisici e cancellato anche l’articolo che prevede sezioni adeguate per i detenuti psichiatrici. Ma qualche leggerissima modifica è stata proposta dalla commissione. La palla passa nuovamente al Governo.