«Le donne sono necessarie, svolgono un ruolo di straordinaria mediazione», dice Paola Balducci, componente laico del Consiglio superiore della magistratura. Eletta nel 2014 dal Parlamento a Palazzo dei Marescialli, l’ex allieva di Giovanni Conso e Giuliano Vassalli commenta con il Dubbio le recenti elezioni per il rinnovo del Csm.

Professoressa, nel prossimo Consiglio che si insedierà a fine settembre la componente femminile fra i laici sarà pari a zero. Nessuna donna su 8 membri. Cosa ne pensa?

Già in questo Consiglio la componente femminile è molto scarsa: una sola togata ( il giudice di Cassazione Maria Rosaria Sangiorgio, ndr) e due laiche di schieramenti opposti ( oltre a Paola Balducci vi era l’attuale presidente del Senato Elisabetta Alberti Casellati, ndr). Questo trend negativo rammarica alquanto. E lo stesso dicasi per i ruoli apicali di altri organismi di garanzia: penso al Consiglio di presidenza della Corte dei Conti o al Consiglio della giustizia amministrativa.

Sa darsi una spiegazione?

La mia opinione è che sia in atto un cambiamento nella società che punti a privilegiare il ruolo maschile come ruolo dominante.

Un legge sulle quote di genere aiuterebbe?

Gli 8 componenti laici del Csm sono stati eletti dalla politica. C’erano molte donne brave e qualificate: bastava candidarle, non c’era bisogno della legge.

Il nuovo Csm sarà molto diverso dall’attuale per composizione politica. Si aspetta grandi cambiamenti?

Io credo si debba agire con cautela. Quando diventai assessore regionale in Puglia con la prima giunta Vendola, io che venivo dai Verdi, sono stata sempre prudente nel valutare il lavoro svolto da chi mi aveva preceduta.

Uno dei primi atti di questo governo è stato archiviare la riforma dell’ordinamento penitenziario. La sua opinione?

L’Europa ci ha sanzionato più volte sullo stato delle carceri e sul sovraffollamento. Al Csm esiste una Commissione che si occupa di esecuzione penale e sorveglianza. E tutti eravamo convinti della necessità di prevedere il più ampio ricorso alle misure alternative al carcere, che l’attuale esecutivo vuole invece enfatizzare. La pena non deve neutralizzare la persona ma rieducarla. Purtroppo su questi temi anche la comunicazione sbaglia. Certezza della pena non vuol dire porre ostacoli al reinserimento nella società.

Un rammarico?

Probabilmente, visto anche il periodo storico complicato, su molti temi si reagisce con una bulimia di leggi penali. Ed è un rischio.

Ad esempio?

Penso ai fenomeni corruttivi. Tante norme, scomposte, creano solo problemi per il cittadino. Io sono per la prevenzione.

A proposito di prevenzione, lei si è occupata molto di criminalità minorile. Un settore particolarmente delicato in cui oltre al carcere ci sarebbe bisogno di altro.

Certo. È inutile insistere con il panpenalismo. Che poi determina un sovraccarico di lavoro per i magistrati. Norme chiare, poche e che funzionino sul serio.

Altro tema caldo il contrasto al caporalato.

È una faccia dell’Italia che non voglio più vedere. Le leggi ci sono. Basta con questi lavoratori sfruttati dalle grandi aziende, sottopagati, e che vivono in ghetti.

L’attenzione dei magistrati si è concentrata molto sulle nomine. L’accusa è quella di una lottizzazione degli incarichi al Csm.

Io sono stata due anni in Quinta Commissione, competente per gli incarichi direttivi. Da laica mi sono adoperata per arginare le storture delle correnti. Complice l’abbassamento dell’età pensionabile per i magistrati, abbiamo proceduto a circa 1000 nomine. Qualche errore è stato fatto. Ma non bisogna generalizzare. Si è sempre cercato di premiare il merito. Ricordo il caso di un magistrato che non conoscevo personalmente ma che aveva un curriculum molto bello. Tutti erano contro di me, i togati avevano idee diverse sul candidato più idoneo da nominare. Io ho molto insistito e alla fine mi hanno seguita.

Lei ha una visione romantica….

Si, sono una inguaribile romantica. Ed anche molto ottimista.