Il regime speciale, in carcere che oggi è riservato agli adulti condannati per reati particolari, soprattutto per reati di mafia - sarà esteso anche ai ragazzini. Il decreto di attuazione della riforma penitenziaria, che era stato preparato dal precedente governo, è stato modificato. Il garante dei detenuti, Mauro Palma, dice che questa modifica è in netto contrasto con la legge delega. Il decreto prevede l’applicazione ai minori dell’articolo 4 bis del regolamento carcerario, cioè dell’articolo - contestato da molte organizzazioni che si occupano di carcere - che prevede il trattamento speciale per i colpevoli dei cosiddetti reati ostativi. Il regime speciale consite nell’esclusione da tutti i permessi, dagli sconti di pena e da tutti i benefici.

Allargamento del 4 bis anche nei confronti dell’esecuzione penale per i minorenni. Questo è il punto che è stato inserito rielaborando il testo originale del decreto legislativo della riforma dell’ordinamento penitenziario, ora in esame alle Commissioni giustizia di Camera e Senato. Infatti, nel testo presentato e approvato dal Consiglio dei ministri durante la legislatura precedente, per i detenuti minorenni era escluso qualunque sbarramento all’accesso ai benefici. Si prevedeva che le misure alternative potessero essere concesse dal magistrato qualunque fosse il titolo di reato. Ora tutto è cambiato e le regole sono diventate più stringenti. Eppure, come ha osservato il Garante Mauro Palma attraverso un parere richiesto dalla commissione stessa, la previsione dell’articolo che prevede questo, può «essere facilmente letta come contraria alla delega». Perché? La legge delega, infatti, all’art 85 prevede che i decreti sulle modifiche all’or- penitenziario debbano essere adottati, per i singoli temi trattati, nel rispetto dei principi e dei criteri direttivi contenuti nella delega del governo. È al punto 5 lettera p) che si indica, in tema di esecuzione della pena nel processo minorile, come principio di riferimento, «l’ampliamento dei criteri per l’accesso alle misure alternative», con particolare riferimento ai requisiti per l’ammissione dei minori al l’affidamento in prova ai servizi sociali e alla semilibertà. A leggere il decreto in esame alla commissione, al capitolo dedicato all’ «Esecuzione esterna e alle misure penali di comunità», relativo alle misure alternative alla detenzione per i condannati minorenni e i giovani adulti, si legge, invece che «ai fini della concessione delle misure penali di comunità e dei permessi premio e per l’assegnazione al lavoro esterno trova applicazione l’articolo 4- bis, commi 1 e 1- bis O. P.», che fissa le condizioni per l’accesso ai benefici penitenziari per «certe tipologie criminali dalla spic- cata pericolosità». Pertanto, i benefici e le misure alternative sarebbero vincolati alla collaborazione con la giustizia, anche da parte dei minori, che siano stati condannati per reati di terrorismo o eversione dell’ordine democratico, associazione mafiosa, reati sessuali, favoreggiamento immigradinamento zione clandestina, associazione per contrabbando e spaccio di stupefacenti. Insomma, a leggere la norma, oltre a non rinvenire l’ «ampliamento dei criteri con accesso alle misure», di cui la delega aveva parlato espressamente, sembra che la direzione sia opposta, quanto meno quella, che potrebbe condurre il testo sul tavolo della Consulta, che ha già più volte dichiarato illegittime le disposizione di decreti legislativi, quando andassero oltre i limiti dell’esercizio della funzione legislativa, come fissati dai principi e dalle direttive della delega.

Quindi, bloccati i decreti legge principali della riforma che contemplavano anche una modifica del 4 bis, che avrebbe permesso l’accesso al trattamento penitenziario a coloro che ne rimanevano esclusi a prescindere, i cosiddetti reati ostativi, ora è in via di approvazione il decreto sull’esecuzione penale dei minori inserendo esplicitamente il 4 bis ai minori. Il comma 1 dell’articolo prevede una serie di reati per i quali l’accesso ai benefici ( rectius l’assegnazione al lavoro all’esterno, i permessi premio e le misure alternative alla detenzione) è subordinato al verificarsi di alcune condizioni. In sintesi, inserendo queste restrizioni, hanno fissato criteri più restringenti per l’accesso alle misure alternative. L’opposto di quello che prevedeva la legge delega.