Dal 1982 la vigilia del Primo Maggio è un giorno in cui la mia mente e il mio cuore sono attraversati da ricordi ed emozioni, pensando a Pio La Torre. La mattina di quel 30 aprile, in redazione de l’Unità a Roma, ero impegnato a preparare il giornale dedicato alla festa del lavoro. Era il giorno in cui si stampavano più di un milione di copie e i nostri compagni e compagne diffusori le portavano in tutto il Paese.

Era, quindi, un giorno particolare e nel mio ufficio – ricordo bene – tra i materiali da pubblicare per quella edizione stavo guardando un bel disegno di Renato Guttuso che ritrae Picasso che dipinge la colomba della pace. In quel momento, Carlo Ricchini, il capo redattore, entrò sconvolto nella mia stanza dicendo: «Hanno ammazzato Pio La Torre». Fu uno dei momenti più terribili della mia vita. Poi ho saputo che con Pio era stato anche massacrato il compagno Rosario Di Salvo che conoscevo bene perché aveva lavorato anche con me.

Pio era stato il compagno con cui, forse più di ogni altro, avevo avuto un lungo rapporto di lavoro nel sindacato e nel partito, e di fraternità. Mi aveva sostituito come segretario della Camera del Lavoro, se non ricordo male nel 1953, successivamente come segretario regionale della Cgil in Sicilia, nel 1956, come segre- tario regionale del Pci nel 1962. Il rapporto con Pio aveva un precedente quando nel 1949 il movimento contadino riprese le lotte per la terra e la zona del Corleonese fu uno dei centri in cui si occupavano i feudi “incolti o mal coltivati”. Ero a Corleone e Pio a Bisacquino, in due feudi contigui in cui regnava la mafia che a Corleone aveva ucciso Placido Rizzotto e dove dominavano i “guardiani” per con- to dei baroni. La polizia intervenne in modo brutale, particolarmente proprio a Bisacquino, anche sparando. Un commissario di Ps accusò falsamente La Torre di averlo colpito con un bastone. Pio fu arrestato, io e altri compagni fummo poi scarcerati e denunciati a piede libero. Come è noto, Pio scontò 16 mesi di carcere all’Ucciardone e al processo fummo tutti condannati a 16 mesi in modo da poter scarcerare La Torre. Una vergogna di quegli anni. Ho ricordato tante volte, in più occasioni, l’eccezionale opera di Pio La Torre. Oggi, però, il ricordo suo è più significativo, data l’epoca politica che viviamo, perché ci dice cosa è stata la militanza politica in quegli anni. E ci dice anche non solo di quali fossero i rapporti di dirigenti come lui con il popolo, ma cosa è stata anche la sua attività parlamentare. Infatti, come deputato, La Torre scrisse con Cesare Terranova, anch’egli assassinato dalla mafia, una relazione di minoranza della Commissione Antimafia, che resta il documento più forte e completo sul fenomeno. L’ultima commissione presieduta da Rosi Bindi l’ha adottata come testo fondamentale, non più di minoranza. Tante cose potrei ancora scrivere ma mi fermo. Uccidendo La Torre e Di Salvo, alla vigilia del Primo Maggio, la mafia inconsapevolmente ci disse come questi uomini, questi militanti, furono martiri che hanno segnato un momento dell’emancipazione del mondo del lavoro.