Kim ha fatto il passo cruciale verso la denuclearizzazione: la Corea del Nord chiuderà a maggio il sito dei test nucleari di Punggye-ri e lo "farà in pubblico", ovvero mostrandolo ad esperti degli Stati Uniti, della Corea del Sud e anche alla stampa.

"Sono per natura contrario agli Usa, la gente vedrà che non sono quel tipo di persona che lancia testate nucleari contro Corea del Sud, Pacifico o Usa", sono state le parole di Yoon Young-chan, portavoce del presidente Moon Jae-in, sui giudizi del leader Kim Jong-un espressi nel summit di venerdì a Panmunjon.

La notizia ufficiale arriva a distanza di pochi giorni da una passeggiata che vale più di mille parole. Se non bastasse lo storico vertice tra i leader del nord e del sud della Corea, il terzo in più di sessant’anni; se non fosse sufficiente il clamoroso disgelo dopo le tensioni nucleari; se non bastasse tutto questo e altro ancora, allora ecco che i presidenti Moon e Kim decidono fuori programma di farsi quattro passi a braccetto attraversando il confine per calpestare insieme il suolo settentrionale e quello meridionale.

Per capire la portata del gesto si deve ricordare che quello è il confine più militarizzato del mondo, con una concentrazione di truppe e armi che non ha equivalente in nessun’altra parte del pianeta, nemmeno in Medio Oriente. E si tenga anche presente che quel confine è ermetico, che ci sono volute lunghissime trattative per autorizzare rarissimi incontri persino tra familiari rimasti separati dall’improvvisa divisione legata alla guerra del 1950- 53. E che qualche tentativo di fuga anche recente lungo quel confine è finito con le guardie di frontiera del nord che sparavano sui fuggiaschi. Ma ora, quasi all’improvviso, tutto sta cambiando. E potrebbero arrivare dei risultati clamorosi che certamente non erano neanche sospettabili appena qualche mese fa, quando si temeva una guerra nucleare alle porte. Si è tenuto nella notte il terzo summit intercoreano fra il leader di Pyongyang, Kim Jong- un, che ha invitato a non sprecare l’occasione perché «una nuova storia comincia adesso» ; e quello di Seul Moon Jae- in, il quale ha ricordato che il mondo guarda all’incontro. Il meeting è stato organizzato nel villaggio di Panmunjom, l’unico a cavallo della linea di demarcazione, che lì resiste di fatto proprio per essere usato in quelli che finora erano stati rari momenti di distensione.

Ma tutto potrebbe cambiare. Anche perché il summiti tra i vertici della penisola non era un qualsiasi incontro per aprire un dialogo: stavolta l’obiettivo era enormemente più ambizioso, e potrebbe essere raggiunto. Si tratta infatti di firmare un vero trattato di pace tra i due Paesi che tecnicamente sono ancora in guerra dall’armistizio del 1953, e i quali fra l’altro non si riconoscono reciprocamente come autorità statale, rivendicando entrambi la sovranità sull’intera penisola. Ieri le due Coree di sono impegnate a trasformare entro il 2018 l’armistizio siglato nel 1953 in un vero e proprio trattato di pace. Lo prevede la dichiarazione congiunta firmata dai leader Moon Jae- in e Kim Jong- un. «Abbiamo aspettato a lungo questo momento per molto tempo e quando è giunto abbiamo realizzato che siamo una nazione, che siamo vicini», ha detto il leader nordcoreano Kim Jong- un, a commento della firma della dichiarazione congiunta. «Siamo legati dal sangue e i compatrioti non possono vivere separatamente», ha aggiunto. Kim ha anche scherzato affermando che non rovinerà più il sonno del presidente sudcoreano Moon Jae- in a causa del lancio di missili balistici.

Il passo ulteriore, infatti, quello ricompreso nell’altrettanto storico vertice che Kim avrà con il presidente statunitense Trump, è quello di denuclearizzare la penisola, a partire dalla rinuncia di Pyongyang al suo programma nucleare. Nel frattempo la dichiarazione congiunta spiega che i due leader coreani terranno su base regolare, incontri e telefonate dopo la recentissima apertura di una linea rossa. E poi in autunno Moon Jae- in andrà a visitare Kim Jongun a Pyongyang. A suggello di questa giornata. Moon e Kim hanno piantato insieme un pino, concimato con terra proveniente dagli estremi della penisole e irrorato con acqua dei fiumi delle due capitali, e hanno scoperto una roccia su cui sono scolpiti i nomi dei leader e la frase «qui piantiamo pace e prosperità».