«I grillini comincino a calendarizzare la riforma carceraria, se davvero sono interessati al dialogo». Il renziano Gennaro Migliore, sottosegretario alla Giustizia del governo Gentiloni, sfida così il Movimento 5 Stelle che chiede di discutere di programmi e ribadisce: «La richiesta è singolare, noi siamo il partito del programma e non ci siamo spostati di una virgola». L’ipotesi di un governo, comunque, è lontanissima: «Noi possiamo portare avanti le nostre battaglie anche dall’opposizione».

Stanno per concludersi le consultazioni della presidente del Senato, Elisabetta Casellati. Come prefede finiranno? Il Presidente della Repubblica ha saggiamente dato l’incarico ad una figura che ricopre una carica istituzionale di alto rilievo. L’esito, però, sarà difficilmente positivo: Casellati non è riuscita a sortire alcun effetto perché i protagonisti di queste consultazioni non riescono a fare alcun passo avanti. Un dato, questo, che fa emergere con chiarezza che una cosa è la propaganda, un’altra è il bene del Paese.

Il suo mandato era ridotto alla consultazione tra centrodestra e Movimento 5 Stelle. Perché il Pd è stato escluso? E’ stata una scelta naturale. La consultazione si limita a vagliare l’ipotesi che rappresenta il naturale esito di questa campagna elettorale. Purtroppo, però, si nota come non esista analogia tra la la proposta politica e l’effettiva capacità di realizzarla.

Dopo Casellati, potrebbe toccare al presidente della Camera, Roberto Fico. Dopo un primo tentativo centrodestra- 5 Stelle, si potrebbe vagliare quella Pd- 5 Stelle? Prima di tutto bisognerebbe convincere gli stessi 5 Stelle. Il capogruppo Danilo Toninelli ha già escluso la possibilità di un mandato a Fico invece che a Di Maio, anche se dubito tocchi a lui deciderlo. Al di là di un unanimismo di facciata, i più dilaniati al loro interno sono proprio i grillini: dalla comoda rendita di posizione all’opposizione dalla quale sparavano su tutti e tutti, ora si trovano in difficoltà. Di Maio ha elaborato una malposta equivalenza tra Pd e Lega e ora si trova costretto nella strettoia di assumere il ruolo di forza politica responsabile, con l’onere di governo. Eppure, sembra che oggi l’unica stella polare del Movimento sia la volontà di Di Maio di fare il premier.

Ma se Mattarella chiedesse al Pd di ritornare in campo, il partito si muoverebbe? Noi abbiamo il massimo rispetto per Mattarella e, qualora la richiesta arrivasse, noi risponderemmo all’invito approfondendo i punti già sul tavolo. Ad oggi, io credo che le condizioni per proporre il Pd al governo non ci siano, ma sono convinto che dovremo essere attenti ad affrontare la situazione partendo da un assunto: noi vogliamo dare una soluzione ai problemi del Paese. Un compito, questo, che però si può svolgere anche stando all’opposizione.

Al vostro interno, però, le posizioni sono diverse. Franceschini ha parlato di inizio della “seconda fase” e sembrava ipotizzare un governo del Presidente. L’opposizione si fa in vari modi. Io penso che ora il Pd debba uscire di più nelle piazze e riscoprire il proprio protagonismo: da qui dovrebbe partire la cosiddetta seconda fase, per esempio con una presenza massiccia per l’anniversario del 25 aprile. Dobbiamo ripartire dal nostro patrimonio di esperienze amministrative e valoriali, rinnovando la nostra identità e non appiattendoci sul governo.

Insomma, no al governo a tutti i costi? Il discorso sulla “seconda fase” che segue a quella post- 4 marzo, se ridotto a una manovra per andare al governo, non è abbastanza. Noi siamo stati severamente puniti dagli elettori, ma ora stanno venendo al pettine molti nodi, che confermano che la nostra azione nella passata legislatura è stata ottima. Per questo dobbiamo riprendere il filo delle riforme costituzionali, che proprio con la paralisi attuale tornano di stretta attualità.

Anche Martina ha rilanciato un Pd che riparte dal programma e la sortita è piaciuta ai grillini. Allora forse si inizia a dialogare? Noi siamo ovviamente interessati a fare una riflessione seria per modificare gli assetti istituzionali del Paese: la democrazia non può prescindere da un governo legittimato e lo stallo di questo mese mostra il suo indebolimento. Ricordo che chi ha vinto le elezioni era anche contro la nostra riforma costituzionale: oggi si assumano loro la responsabilità di riflettere anche su questo.

Quindi discutere di alleanza coi 5 Stelle è possibile? Io ragiono in termini di contenuti e non di alleanze. I 5 Stelle comincino col mettere all’ordine del giorno in commissione speciale la riforma carceraria, una delle migliori partorite dal governo Gentiloni: il fatto di non iscriverla significa attendere che scada la delega per affossarla. Insomma, non possono continuare a far finta di dire di essere interessati a discutere, ma non portarlo fino in fondo.

Riforma carceraria in testa, poi quali altri punti sono centrali per il Pd? Quelli scritti nel programma: abbiamo sempre detto che le nostre priorità sono le misure di contrasto alla povertà, con un deciso intervento in particolare sul Mezzogiorno; la riforma delle istituzioni per ottenere una maggiore stabilità e la lotta per i diritti civili. Proprio sui diritti civili i 5 Stelle ci hanno tradito spesso nella passata legislatura, non votando in favore né delle unioni civili, né del testamento biologico.

Un margine di dialogo c’è, quindi? L’unico terreno possibile è quello della convergenza puntuale, fermo restando che il Pd può perfettamente sviluppare le sue proposte anche stando all’opposizione. Detto questo, noi siamo da sempre molto chiari: che i grillini chiedano un confronto sul programma è singolare, considerato che il Pd è il partito del programma, come dimostra l’enorme quantità di riforme fatte negli ultimi 5 anni.

Nel partito, intanto, c’è maretta per l’annullamento dell’assemblea nazionale, chiesto e ottenuto da voi renziani. Come mai questa scelta? Noi dobbiamo essere più in sintonia con quel che accade fuori dal partito. L’assemblea era stata fissata per ragionare su una situazione di governo almeno parzialmente definita, invece dopo più di un mese è ancora tutto fermo: se avessimo convocato i 1000 membri dell’assemblea senza un quadro chiaro avremmo fatto loro un torto. Insomma, non si può decidere della vita democratica del partito e di un futuro congresso che io auspico - senza prima sapere in che situazione si trova il Paese. Chi, invece, rivendica la scissione completa tra vicende interne ed esterne, vuole male al Pd.