«Le sentenze vanno rispettate e Scopelliti, fino all’ultimo, è stato ligio alle istituzioni, costituendosi nell’immediatezza». Inizia così la carcerazione dell’ex governatore della Regione Calabria Giuseppe Scopelliti, condannato mercoledì in Cassazione a quattro anni e sette mesi per gli ammanchi nei bilanci del Comune di Reggio Calabria dal 2008 al 2010, periodo in cui era sindaco della città. Accusato di abuso d’ufficio e falso in atto pubblico, l’ex sindaco ha ottenuto dai giudici della Suprema Corte solo uno sconto di cinque mesi rispetto alla precedente condanna, per via della prescrizione del reato di abuso d’ufficio, non riuscendo ad evitare il carcere, previsto per le pene superiori a quattro anni. Ieri, dunque, l’ex presidente si è recato nel carcere di Arghillà. «Una conferma del rispetto che ha nei confronti delle istituzioni - spiega al Dubbio il suo avvocato, Aldo Labate -. Così com’è stato quando, subito dopo la condanna in primo grado, si è dimesso dalla carica di governatore ( in virtù della legge Severino, ndr). Avrebbe potuto aspettare le motivazioni della sentenza, fare ricorso, ma ha sempre dimostrato il proprio attaccamento al suo ruolo con i fatti».

L’inchiesta nacque dopo un esposto di due consiglieri di minoranza, che portò ad accertamenti da parte del ministero della Finanze grazie ai quali vennero scoperti un disavanzo di circa 170 milioni di euro e l’autoliquidazione di alcune parcelle da parte dell’ex dirigente dell’ufficio finanza del comune di Reggio, Orsola Fallara, poi morta nel 2010 dopo aver ingerito dell’acido muriatico.

Il procuratore generale Antonio Salzano, mercoledì, aveva chiesto la conferma della sentenza d’appello che aveva distrutto il cosiddetto “Modello Reggio”, per anni fiore all’occhiello dell’ex sindaco. Per l’accusa, i bilanci del Comune erano frutto di «artifici contabili» e molti erano i conti non pagati dall’Ente, a fronte invece di eventi pubblici costosissimi. Fatti sui quali, contestava l’accusa, «i revisori dei conti hanno sistematicamente omesso di dire la verità». Ma sulle responsabilità attribuibili a Scopelliti la difesa non è d’accordo. «Ovviamente le sentenze si rispettano nel loro contenuto, sebbene si possa anche dissentire sullo stesso. Ed io, come difensore, dissento senza dubbio: Scopelliti è una persona perbene», spiega ancora. La difesa contesta soprattutto «la prova del concorso, la insussistenza dell’elemento psicologico per il falso e la riqualificazione di questo reato, mentre avevamo argomentazioni anche in merito all’accusa di abuso d’ufficio - sottolinea Labate -. Poi c’è da discutere sulla pena esorbitante inflitta senza che ve ne fosse motivazione. La pena, infatti, non è automatica e se si distacca dal minimo edittale deve esserci una motivazione. Era un incensurato e nessuno ha mai contestato a Scopelliti di aver distratto o essersi appropriato del denaro pubblico». Secondo la difesa, inoltre, l’ex governatore sarebbe stato condannato due volte per lo stesso fatto: «il primo capo d’imputazione riguarda i bilanci, il secondo alcune poste di quei bilanci: è facile accorgersi che si tratta della stessa cosa».

E intato la figlia dell’ex governartore consegna a Facebook un messaggio struggente: «Sei una persona perbene, lo sappiamo noi e lo sanno anche loro. Non hai mai sbagliato, eppure oggi stai pagando. Ci hanno pugnalati ancora una volta, questa ha fatto più male delle altre ma noi non ci arrenderemo, combatteremo fino alla fine per dimostrare la tua innocenza. Ricordo tutto ciò che mi hai detto con le lacrime agli occhi, le lacrime di chi, con dolore, deve salutare la sua famiglia. Ti prometto che farò tutto ciò che mi hai chiesto». Simona Musco