È stato sottoscritto ieri, presso la sede del Consiglio Nazionale Forense, il protocollo d’intesa tra il Cnf e Amnesty International, che li impegna a «sviluppare una costante collaborazione al fine di concordare iniziative comuni per individuare ed eliminare gli abusi sui diritti umani». Le parti, infatti, «intendono promuovere la cultura della legalità» e, «in sinergia, la realizzazione di progetti d informazione e formazione, anche a livello locale per tramite degli Ordini distrettuali e circondariali».

Il protocollo, ha spiegato il presidente del Cnf Andrea Mascherin, «impegna il Cnf in un ulteriore sforzo di interpretare socialmente il nostro ruolo di avvocati, con compagni di viaggio qualificati, con cui lavorare in sinergia per valorizzare le rispettive competenze».

Uno dei punti caratterizzanti, inoltre, sarà il «coinvolgimento della rete degli Ordini», in modo da ancorare sul territorio una partnership che punta a promuovere lo sviluppo e la difesa dei diritti umani.

In rappresentanza di Amnesty International Italia, è intervenuto il direttore Giovanni Ruffini, il quale ha chiarito il senso di incrociare il percorso dell’Ong con l’avvocatura.

«In Italia il percorso per la piena tutela dei diritti umani non si è mai davvero concluso, fermandosi spesso sulla soglia della sottoscrizione di protocolli di intenzioni, con pochi riflessi nella legislazione e nel costume del Paese», ha ragionato. Per questo, «Amnesty e l’avvocatura sono alleati naturali, per contrastare il tentativo di comprimere e limitare i diritti dei cittadini» e con questo obiettivo «è necessario che tutti i soggetti che hanno a cuore la giustizia, la tutela dei diritti costituzionalmente garantiti e quelli sanciti dalla Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo uniscano gli sforzi». Quanto al metodo di lavoro, Ruffini ha sottolineato come «noi di Amnesty International italia vogliamo imparare dall’avvocatura e siamo qui perchè anche voi possiate conoscere meglio il nostro lavoro». Perchè, come recita il protocollo, «si generi uno scambio culturale» attraverso «attività comuni», che promuovano la cultura della tutela dei diritti umani.