«Io sarò come sempre in prima linea e farò di tutto per consentire all’Italia di darsi un governo per scongiurare la paralisi che porti a nuove elezioni». E questo «in leale collaborazione con i nostri alleati e fermo restando l’impegno a sostenere il candidato premier indicato dal maggior partito della coalizione». Silvio Berlusconi batte un nuovo colpo, dopo la grande amarezza per il sorpasso della Lega su Forza Italia e ribadisce che lui sarà «centrale» per la formazione del governo. Lo scrive nella lettera che ieri ha mandato a tutti gli eletti azzurri che riunirà il 14 marzo alla sala della Regina alla Camera.

La lunga missiva, spedita nel giorno in cui il governatore ligure Giovanni Toti, capo dei filoleghisti di Fi in una intervista a Il Corriere della sera non risponde con un netto no a un eventuale passo indietro del Cav ( «Chiedete a lui», si limita a dire), dà l’immagine di un Cavaliere che seppur ammaccato dal risultato elettorale, sul quale, ricorda, ha pesato la sua ineleggibilità, è tutt’altro che intenzionato a mollare. Anzi, intende rilanciare. E il modo per farlo anche se Berlusconi ovviamente non lo dice non può che essere un governo di centrodestra di minoranza che vada a trovare voti in parlamento, ma soprattutto che si regga sull’astensione del Pd renziano. Berlusconi vuole scongiurare nuove elezioni perché, come dicono dentro Fi, «rafforzerebbero con questa legge elettorale solo i Cinque Stelle e la Lega, assottigliando ancora Fi e facendo esplodere del tutto il Pd». E un governo dove siano i Cinque Stelle per Berlusconi è lo spettro numero uno.

Non solo: il Cav avrebbe ormai preso atto del fatto che anche la strada della riabilitazione si potrebbe rivelare lastricata di difficoltà visti i processi che ha. Ma una certezza la ha: tornerà eleggibile nel 2019 quando saranno estinti gli effetti della legge Severino. E ritornare di qui a poco alle urne significherebbe sottoporre di nuovo Forza Italia al rischio di correre con un leader, azzoppato dalla Severino, e quindi dare di fatto il via all’Opa della Lega trionfante di Matteo Salvini. Che ieri però è tornato a mostrare grande prudenza quando ha fatto un plauso alle parole del capo dello Stato: «Ha ragione il presidente Mattarella, gli interessi del Paese e degli italiani vengono prima di qualsiasi altro calcolo politico», ha detto Salvini.

Il leader leghista è evidentemente consapevole del rischio di finire con un preincarico alla Bersani. Anche se Salvini torna a dire che lui sta lavorando al programma di governo sul quale «vedremo chi in parlamento ci darà una mano per portarlo avanti e chi invece dice no a prescindere». Quindi, spiega Salvini «niente accordi organici né con il Pd né con i Cinque Stelle né con la Boldrini». Non sembra essere lo stesso governo di minoranza di cui si parla dentro Fi. Una cosa però sembra certa, anche se il centrodestra, come sembra, andrà al Quirinale con una delegazione unica, Berlusconi è intenzionato a farne parte. Forse anche questo significa quel «io resterò in prima linea» che scrive ai neoeletti. «Forza Italia – avverte il Cav – ha un ruolo essenziale, fermo restando l’impegno a sostenere il candidato premier indicato dal maggior partito di coalizione, si devono produrre le condizioni di una maggioranza e di un governo in grado di raccogliere un consenso adeguato in Parlamento per dare attuazione ai nostri impegni programmatici, scongiurando una paralisi che porterebbe ineludibilmente a nuove elezioni». Quel nuovo voto che secondo i malizioni di Fi Salvini invece vorrebbe per lancaire l’opa sul centrodestra.

Intanto, i rumors di Transatlantico continuano a indicare la possibilità di un leghista “meno divisivo” di Salvini come ad esempio il vicesegretario Giancarlo Giorgetti o anche il governatore veneto Luca Zaia, che però ha sempre detto di voler restare alla guida della sua regione. Sono ipotesi sulle quali si sta ragionando dentro Forza Italia, dove la conferenza dei coordinatori regionali, guidata da Sestino Giacomoni, smentisce seccamente diatribe e dissidi tra dirigenti del Nord e quelli del Sud. Ma intanto le parole di Toti che auspica il partito unico non sono state state musica per Berlusconi. Parole più caute verso Berlusconi dal vicesegretario leghista Giorgetti: «Un partito unico? Se Berlusconi vuole. Un governo di scopo con il Pd? Sì, ma solo per cambiare la legge elettorale e quando magari Berlusconi sarà di nuovo eleggibile». Giorgetti definisce Salvini e Di Maio alternativi. Ma altra cosa che la Lega potrebbe fare alleanze con i Cinque Stelle per le presidenze delle Camere. «Avremo le nostre proposte e vediamo chi ci sta», dice Salvini. E per la formazione del governo di centrodestra la caccia alla conquista dei voti dei pentastellati delusi o che sanno che non faranno più un altro mandato sarebbe già aperta anche da parte di Forza Italia.